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Sensori commestibili per i check-up medici del futuro


Open BioMedical Initiative
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Se potessimo fare un rapido check-up delle nostre condizioni di salute grazie a sensori commestibili stampati in 3D? A Wollongong, in Australia, la risposta potrebbe essere più vicina di quanto si possa immaginare. Una soluzione un pò singolare forse, ma di una semplicità disarmante per il paziente, frutto di ricerche di frontiera su materiali innovativi e sensori che potrebbero rinnovare il concetto di assistenza medica.


La stampa 3D continua la sua rivoluzione nel campo medico e se da un lato va in soccorso di casi particolarmente rari e sfortunati fornendo protesi o impianti su misura, dall’altro si muove per offrire un aiuto a tutti, come il progetto innovativo su cui stanno lavorando gli scienziati australiani guidati da Marc in het Panhuis, professore di chimica presso l'Università di Wollongong in Australia e a capo del gruppo di studio sui materiali morbidi. La ricerca riguarda sensori elettronici stampati in 3D con della gelatina per essere utilizzati all’interno del corpo dei pazienti per individuare squilibri biochimici. Come per altri test diagnostici che richiedono ai pazienti di bere piccole quantità di medicinale o di deglutire le capsule che aiutano a visualizzare l'interno del corpo quando vengono eseguiti i raggi X e altre scansioni, questo sensore stampato in 3D è commestibile: invece di metodi più invasivi per l'introduzione di un agente di visualizzazione, questo può semplicemente essere mangiato.


Basandosi sulla 4^ generazione di 3D Bioplotter ad altissima definizione, questi idrogel possono essere stampati in modo da contenere vari componenti e sensori elettronici sintonizzabili. Questa miscela idrogel, quando raffreddata, può semplicemente essere consumata come un tipo di gelatina. I sensori possono quindi svolgere le funzioni per cui sono stati programmati (controllare lo stato degli intestini, per esempio) e passare i dati al dispositivo esterno attraverso una tecnologia ancora non specificata. Una volta completati i loro tasks, i sensori semplicemente scompaiono per mezzo della digestione.


Questo campo di "robotica soft“ in genere richiede l’uso di idrogel come contenitore dei sensori. Purtroppo, gli idrogel hanno in genere una struttura complicata ai fini della stampa 3D, in quanto sono troppo morbidi per essere lavorati. Fortunatamente, i ricercatori hanno scoperto che questi gel possono essere resi molto più robusti mescolando due diversi polimeri. Ad esempio la gelatina con la Genipina, un agente anti-infiammatorio derivato dal frutto della pianta di gardenia, o il gellum gum, addensante utilizzato in pasticceria per salse, budini, gelatine e marmellate. Per creare il cross-linking (reticolato), il team ha utilizzato il sale comune; immergendo il gellum gum in sale da tavola per una settimana, hanno prodotto un gel più stabile e meccanicamente più resistente. Gli idrogel contengono acqua per il 97,5% e quindi sono naturalmente conduttivi, ma l’aggiunta di ioni di sodio esalta ancor di più questa caratteristica. Migliori risultati si ottengono con cloruro di cesio, ma il materiale non risulterebbe commestibile.


L'obiettivo del gruppo di In het Panhuis è quello di produrre un idrogel da impiegare come sensore biomedico commestibile. L'idrogel avrà proprietà elettroniche regolabili a beneficio di numerosi campi di ricerca futuristici a cui attualmente si sta lavorando, ad esempio attuatori biocompatibili che potrebbero percepire e controllare la pressione applicata da una mano protesica, oppure materiali conduttivi flessibili utili nella cosiddetta stampa 4D, in cui un dispositivo stampato in 3D può cambiare forma nel tempo.


La parte più impegnativa della ricerca sarà trovare un modo per leggere le informazioni raccolte dai sensori commestibili, in quanto questi dispositivi dovranno essere sufficientemente piccoli da poter essere ingeriti. Il team dell'Università di Wollongong ha finanziamenti per sette anni, quindi In het Panhuis è fiducioso di poter sviluppare questo materiale in modo che possa servire come strumento diagnostico efficace scoprendone anche altre applicazioni.


Provate a immaginare: invece di aver bisogno di un medico per interpretare vaghi sintomi, si potrà semplicemente ingerire alcuni sensori gelatinosi capaci di dirci subito cosa non va nel nostro corpo.


Se tutto andrà per il verso giusto, i dati raccolti potranno essere inviati telematicamente agli specialisti in tutto il mondo: avremo le consulenze dei migliori medici a portata di click e senza bisogno di sottoporsi a innumerevoli test diagnostici.


L’idea ci piace tantissimo!


Lusiana Pasquini - Open BioMedical Initiative

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