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Le migliori guide alla stampa 3D, curate dalla redazione di Stampa 3D forum. Guide all'acquisto, guide all'uso, consigli pratici e molto altro.
Alessandro Tassinari
In questa guida ti presento 5+1 scanner 3D economici e low-cost, strumenti utilissimi per digitalizzare modelli fisici e ottenere modelli 3D da stampare.
Al giorno d'oggi i programmi di modellazione 3D stanno diventando sempre più user-friendly ed intuitivi, anche un utente alle prime armi non avrà difficoltà a modellare degli oggetti relativamente semplici e di uso quotidiano.
Le cose potrebbero complicarsi nel caso in cui si voglia modellare un oggetto molto complesso, come per esempio un volto umano oppure una macchina da corsa.
Anche un utente mediamente esperto potrebbe avere qualche difficoltà per non parlare della grande quantità di tempo che si impiegherebbe per produrre il modello 3D.
In questi casi, quando il gioco si fa duro, i duri fanno ricorso sempre più spesso al reverse-engineering ovvero al processo tramite il quale, a partire da un oggetto reale, si ricava un modello digitale dello stesso che, in fasi successive, potrebbe essere modificato oppure direttamente stampato in 3D.
Mediante scanner 3D economici si possono acquisire modelli 3D abbastanza accurati di oggetti complessi in tempi molto brevi. Peccato però che la stragrande maggioranza dei dispositivi presenti sul mercato abbia un costo piuttosto elevato.
In questa guida ho quindi raccolto una selezione dei migliori scanner 3D economici, così da semplificarti la ricerca e fornire informazioni utili ai tuoi acquisti.
In questa guida:
> XBox Kinect
> Ciclop 3D scanner
> Creality CR-Scan Lizard
> Creality CR-Scan 01
> Revopoint Mini
> Revopoint POP 2
> Scanner 3D economici open source
XBox Kinect
Il famoso sensore Kinect, prodotto da Microsoft per XBox, può essere usato come uno scanner 3D abbinandolo a programmi per poter effettuare l'acquisizione vera e propria del modello (per esempio KScan3D, Skanect 3D, ReconstructMe, Scenect, ecc).
 

Il Kinect è facilmente reperibile sul mercato dell'usato ad un prezzo compreso tra 30 e 80 euro, ed è facile da adoperare grazie anche alle numerosissime istruzioni d'uso e tutorial presenti su internet.
In pratica, sono stati realizzati dei software gratuiti che permettono di utilizzare il Kinect per raccogliere scansioni 3D dal mondo reale. Per farlo, è sufficiente collegare il Kinect ad un computer via usb, avviare il software e iniziare la procedura di scansione.
Le scansioni effettuate con il Kinect sono di discreta qualità. Attenzione però: questo prodotto è fornito con sensori e lenti idonee a raccogliere informazioni 3D su oggetti di medie dimensioni, come la sagoma di una persona o un arredo di casa. Se provi a scansionare oggetti piccoli o con forme molto complesse, il sistema di scansione faticherà a riconoscerle.
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Ciclop 3D scanner
Lo scanner Ciclop 3D è stato presentato al CES di qualche anno fa da una azienda spagnola chiamata BQ e al momento è lo scanner 3D economico per eccellenza.

Lo scanner in questione adopera due laser, una camera usb ed una scheda ZUM BT-328 basata su Arduino. Il software per acquisire i modelli 3D, chiamato Horus, è stato creato anch'esso dalla BQ e in seguito rilasciato in modalità open source.
Effettivamente si tratta di un prodotto molto economico ma che cerca di strignere gli occhi agli scanner 3D con piatto rotante più professionali.
I due laser e la camera puntano verso un piano rotante, sul quale devi appoggiare l'oggetto 3D da scansionare. Avviata la procedura di scansione, il piano inizia a ruotare. Mentre i due laser raccolgono informazioni 3D sulle forme dell'oggetto, la fotocamera ha il compito di fotografare l'oggetto, così da raccogliere la texture.
Alla fine, il software ti restituisce il modello 3D digitale dell'oggetto, comprensivo di texture.
Questo prodotto si presta bene per scansioni semplici e oggetti di piccole dimensioni. Lo trovi su Amazon a € 170.
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Creality CR-Scan Lizard
Col lancio del suo ultimo scanner 3D, Creality aggiorna e migliora il suo scanner 3D CR-Scan 01, sottolineando ulteriormente il suo posizionamento sul mercato e confermando la volontà di rispondere a tutte le esigenze di chi stampa 3D.

Lo scanner 3D CR-Scan Lizard è scanner 3D entry level e rappresenta una soluzione conveniente per chi ha bisogno di digitalizzare i propri modelli fisici.
CR-Scan Lizard ha dimensioni ridotte per una migliore portabilità e sensibilità nell'uso, ma promette funzionalità migliorate come una precisione fino a 0,05 mm e una migliore gestione degli ambienti luminosi e oggetti scuri. Tutto questo, ad un costo più interssante rispetto al modello precedente.
L’obiettivo che Creality si pone col lancio di CR-Scan Lizard è quello di mettere a disposizione uno strumento capace di scansionare facilmente oggetti di piccole e grandi dimensioni.
Per farlo, Creality mette a disposizione il software CR Studio, il quale ottimizza i modelli 3D rilevati e li invia direttamente alla tua stampante 3D tramite un sistema in cloud.
Lo trovi su Amazon al costo di € 799. Un prezzo ottimo per un prodotto davvero completo.
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E se vuoi saperne di più, puoi leggere il mio articolo dedicato a CR-Scan Lizard:
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Creality CR-Scan 01
Lo scanner per modellazione 3D Creality CR-Scan 01 è il modello commercializzato in precedenza a CR-Scan Lizard. Allora perché  sto continuando a consigliartelo? Beh, ho le mie ragioni!

Creality CR-Scan 01 è uno scanner 3D molto semplice da usare e versatile. Si presta bene a essere adoperato per fare scansioni a mano o scansioni su piedistallo, un po' come nel caso del Kinect. CR-Scan 01 però nasce proprio con queste funzionalità, il che lo rende un prodotto ideale per scansionare anche oggetti di piccole dimensioni.
Questo scanner 3D economico utilizza un algoritmo di orientamento intelligente che garantisce un bilanciamento automatico senza orientamento manuale della griglia, calibrazione o l'uso di pennarelli.
Viene quindi fornito con un suo software di elaborazione delle scansioni, dotato di potenti metodi di elaborazione di modellazione, riparazione automatica del riempimento, riparazione automatica del colore, rilevamento automatico delle superfici, semplificazione della rete senza distruzione, livellamento automatico ecc.
Sono utilizzabili due modalità di scansione. La scansione manuale è più flessibile e supporta la scansione di oggetti di diverse dimensioni senza punti di marcatura. La scansione con tavolo girevole e treppiede invece segue una procedura automatica.
Perché te lo consiglio?
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Revopoint Mini Scanner 3D
Revopoint Mini Scanner 3D è uno scanner dotato di caratteristiche professionali estremamente economico.
Revopoint Mini consente di scansionare e modellare con precisione anche le parti più piccole di un oggetto grazie alla precisione a frame singolo di 0,02 mm. Che tu debba scansionare gioielli, monete, pezzi di ricambio industriali o altri oggetti, puoi ottenere rapidamente un modello 3D ad alta precisione pronto per la stampa 3D.

Lo scanner 3D Revopoint Mini può essere utilizzato per il reverse engineering, la modellazione medica, la riparazione di parti industriali, la progettazione di gioielli, la catalogazione di reliquie culturali e molte altro.
Portatile e facile da usare, pesa solo 160 g. Inoltre, è dotato di sistema plug-and-play, facile da configurare che richiede un solo cavo USB sia per la ricarica che per il trasferimento dei dati.
Nelle scansioni si usa l'app Revo Scan su computer o smartphone per scansionare oggetti in modo rapido ed efficace.
Questo scanner raggiunge una velocità di scansione di 10 fotogrammi al secondo e consente di eseguire movimenti fluidi durante la scansione, evitandoti il fastidio di eseguire più scansioni delle stesse superfici dell'oggetto.
Lo scanner Revopoint Mini 3D utilizza la tecnologia della luce blu di livello industriale per proiettare luce strutturata ad altissima risoluzione, rendendola migliore per la scansione in luce ambientale. La luce blu di classe 1 utilizzata nello scanner è completamente sicura per la scansione della pelle ma può causare fastidio se puntata sugli occhi.
Un prodotto davvero ben fatto che parte a ad un costo imbattibile!
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Revopoint POP 2 scanner 3D
Lo scanner Revopoint POP 2 è dotato di tutto quello che serve per fare scansioni 3D. Un proiettore avanzato, telecamere IR con una risoluzione molto elevata e un innovativo metodo di calibrazione ad alta precisione che garantisce per POP 2 una precisione di livello professionale, con una risoluzione fino a 0,05 mm e una nuvola di punti di rilevazione 3D di 0,15 mm. Ciò consente a POP 2 di acquisire modelli 3D con più dettagli e garantire una migliore accuratezza dimensionale.

Attraverso il sensore di esposizione generale ad alta risoluzione, sincronizzato direttamente nell'hardware con la telecamera di profondità, POP 2 può generare immediatamente modelli 3D realistici per animazioni 3D, stampa 3D a colori, ecc. che possono essere utilizzati direttamente anche su AR e VR.
L'hardware principale di POP 2 adotta il principio della luce binoculare e microstrutturata. Con l'aiuto di un chip di micro proiezione proprietario, POP 2 garantisce l'acquisizione veloce dei punti 3D della nuvola con elevata precisione.
POP2 si alimenta con un cavo USB e può essere collegato direttamente al portatile o al telefono per una scansione 3D semplificata/veloce. Pesa solo 195 g e viene fornito con una custodia per il trasporto che può contenere sia lo scanner POP 2 che tutti gli accessori.
Un prodotto di qualità e molto user friendly. In base al kit, lo trovi a prezzi che vanno dai € 450 ai 900.
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Scanner 3D economici open source
Quelli che seguono sono scanner 3D che arrivano dal mondo del do-it.yoursefl. Si tratta di scanner 3D principalmente open source, dotati di caratteristiche basilari e che sfruttano strumenti poco elaborati. Eppure si prestano bene a fare semplici lavori di scansione 3D.
Se hai un'anima maker, forse questi scanner 3D possono fare al caso tuo. Dovrai ingegnarti un po' per trovare informazioni sul montaggio delle componenti e sull'utilizzo... ma se decidi di seguire questa strada, probabilmente è quello che ti piace fare!
Ti lascio un avviso: questi progetti sono in genere autofinanziati e può capitare vengano dismessi.
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Fabscan
Fabscan è uno scanner 3D opensurce ideato da uno studente dell'università di Aquisgrana, Francis Engelmann, che lo ha presentato come progetto per la propria tesi di laurea.

Attualmente il progetto è implementato da René Bohne e Mario Lukas. Fabscan, a livello di principio di funzionamento, è simile a Spinscan, la differenza maggiore è rappresentata dalla presenza della struttura scatolare esterna che evita possibili interferenze di luce dovute all'ambiente esterno e migliora il risultato globale della scansione.
Le istruzioni di assemblaggio e scansione sono reperibili qui.
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Atlas 3D Scanner
Questo scanner opensurce ed openhardware è stato presentato su Kickstarter da Uriah Liggett, fondatore della Murobo LLC.

La campagna di crowdfunding si è conclusa con successo il 7 Febbraio 2015 e lo scanner è stato commercializzato sotto forma di kit. Analogamente ai casi precedentemente visti, la scansione dell'oggetto, posizionato su una base rotante, avviene tramite un laser ed una webcam.
A livello di elettronica, il kit Atlas sostituisce la scheda Arduino con una Raspberry Pi mentre la parte strutturale è costituita da elementi assemblabili stampati in 3D.
Per ulteriori informazioni ti rimando al sito.
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Makerscanner
Questo scanner opensurce è del tutto analogo agli altri dispositivi visti in precedenza, è composto infatti da parti strutturali stampabili in 3D e scaricabili in formato .STL qui, una webcam ed un laser che, in questo caso, deve essere in grado di ruotare per colpire compiutamente l'oggetto da scansionare.

Prima di effettuare la scansione vera e propia, si devono fare alcune prove per calibrare il dispositivo, inoltre l'oggetto reale dovrebbe essere posizionato davanti ad un muro bianco e lontano da possibili disturbi ed interferenze di luce.
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Virtucube
Questo scanner opensurce si differenzia dagli altri fin qui citati poiché, invece di adoperare un laser, sfrutta il fascio di luce generato da un proiettore.

Per il resto, gli altri elementi sono delle parti strutturali stampabili in 3D, una webcam e una scheda Arduino. L'intero sistema può essere posizionato in un banale scatolone di cartone per evitare, come accennato già per lo scanner Fabscan, interferenze dovute alla luce ambientale.
L'intero progetto è ripubblicato su Thingiverse in cui oltre alle parti strutturali in formato .STL, potrete trovare anche un video tutorial ed altri link utili per l'assemblaggio.
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Alessandro Tassinari
Non si può parlare di completa applicazione della stampa 3D senza unirla ad un altro strumento: lo scanner 3D. La qualità delle stampanti 3D di poter produrre pezzi unici e su misura, può avere senso solo se preceduta dal rilievo di un oggetto complesso.
I sistemi di scansione 3D sono strumenti meravigliosi, perché ci permettono di riprodurre in modo preciso qualcosa che già esiste, che ci serve o che semplicemente desideriamo, come il pezzo di ricambio di un oggetto che si è rotto, il ritratto di un amico, un'opera d'arte che ci piace particolarmente.
Eseguire un rilievo 3D di un oggetto significa ricrearne una perfetta copia digitale, cioè creare un modello 3D metricamente corretto. Le principali tecniche che abbiamo a disposizione si possono classificare in:
tecniche basate su sensori passivi (image-based); tecniche basate su sensori attivi (range-based). Abbiamo già parlato delle tecniche image-based, le quali, come dice il nome stesso, si basano sull'elaborazione automatica o semi-automatica di immagini digitali per estrarre informazioni di carattere tridimensionale.
Abbiamo visto che esistono numerose soluzioni open source e low-cost che permettono di ottenere rilievi 3D di qualità elevata utilizzando normali fotocamere, addirittura smartphone, e computer di medio livello.
Le tecniche range-based si basano su strumenti che emettono un segnale che viene registrato dallo strumento stesso al fine di calcolare una misura di distanza: appartengono a questa categoria gli scanner, le stazioni totali, i GPS e i radar.
In particolare, gli scanner 3D laser e a luce strutturata sono gli strumenti più noti e che hanno riscontrato il maggior successo, rendendo relativamente semplice acquisire in 3D oggetti di qualsiasi dimensione.
La diffusione di questi strumenti è però ancora ostacolata da un costo elevato, spesso insostenibile per un semplice appassionato o anche per il piccolo professionista, per questo motivo ci soffermeremo sui principali scanner 3D di fascia medio-bassa, in grado di riunire prestazioni interessanti a un costo ragionevole.
Esistono numerosi modelli e non risulta facile orientarsi tra prodotti che appaiono spesso molto simili tra di loro. La condizione ideale è sempre quella di poter sperimentare in prima persona lo scanner, in modo tale da rendersi conto della facilità d'uso e del risultato finale.
Poiché spesso questo non è possibile, diventa fondamentale analizzare bene la scheda tecnica per capire come lo strumento lavora e ipotizzare i risultati che produrrà.
Ci sono infatti alcuni fattori che determinano il grado di qualità di uno scanner 3D (e quindi della scansione) e di conseguenza ne determinano il prezzo. Inoltre, è opportuno individuare lo scanner più adeguato alle proprie esigenze: come per qualsiasi altro strumento, non esiste lo scanner universale, cioè adatto a ogni tipo di situazione, ma ogni prodotto dà il meglio di sé in certe situazioni e non in altre.
Quindi, quali sono le caratteristiche che dobbiamo considerare nella scelta di uno scanner?
Accuratezza: indica il grado di precisione dello scanner; ad esempio un'accuratezza di 0,1 mm indica che ogni punto della nostra scansione potrebbe in realtà avere un errore di posizione di 0,1 mm; Risoluzione: indica la dimensione minima che lo scanner è in grado di rilevare; ad esempio un'accuratezza di 1 mm indica che se l'oggetto da rilevare ha piccoli particolari di dimensione inferiori, questi non compariranno nella scansione (1 mm sembra un buon valore, ma in realtà basti pensare che la filettatura di una vite non verrebbe rilevata); Volume: indica la dimensione massima di un oggetto che può essere rilevato in un'unica scansione; se scegliamo uno scanner portatile sarà sempre possibile rilevare un oggetto in più scansioni e riunirle alla fine; Output: tutti gli scanner esportano in almeno uno dei formati standard, come STL, PLY o OBJ, ma ciò che non tutti fanno è acquisire a colori o esportare una texture; è un elemento importante da considerare se il rilievo ci serve per la stampa a colori o per altri impieghi in cui la resa del colore è importante, ad esempio in computer grafica; Compatibilità: non tutti gli scanner sono multipiattaforma (Windows, MacOS e Linux), è bene quindi prestare attenzione a questo aspetto; Condizioni ambientali: ci sono scanner che lavorano molto bene anche al buio e scanner che lavorano molto male alla luce solare, non è sempre indicato nelle schede tecniche ma in generale i sistemi laser non presentano grossi problemi in quasi tutte le condizioni, mentre i sistemi basati su fotometria possono essere influenzati negativamente dalle condizioni di luce; Velocità:  raramente è dichiarata, ma in generale i sistemi a luce strutturata sono molto più veloci dei sistemi laser; se dobbiamo rilevare un oggetto la velocità non è un grosso problema, ma se dobbiamo rilevare una persona allora diventa un aspetto non trascurabile; Prezzo: naturalmente il prezzo sarà influenzato da tutti questi parametri, a migliori performance corrisponde sempre un prezzo maggiore; ciò significa che non è possibile aspettarsi grandi prestazioni da uno scanner a bassissimo costo. Sulla base di questi parametri proviamo ora a valutare i principali scanner di fascia di prezzo medio-bassa suddividendoli in due categorie:
scanner portatili; scanner desktop. Scanner portatili
Tra gli scanner portatili il più noto è il Sense prodotto da Cubify, disponibile sia come scanner da collegare al PC, sia nella versione per iPad, con caratteristiche tecniche molto simili. Il prezzo è molto competitivo, ma la risoluzione non è particolarmente elevata e non permette scansioni di precisione; si tratta di una soluzione ottimale per chi deve fare scansioni di oggetti di medie/grandi dimensioni che non presentano particolari troppo minuti.
Certamente più preciso è lo Scanify della Fuel 3D, che promette una risoluzione spaziale di gran lunga minore e che permette, cosa non trascurabile, di esportare una texture insieme al modello. Le scansioni si prestano quindi non solo alla stampa 3D tradizionale, ma anche a quella a colori, nonché ad applicazioni legate alla computer-grafica.

Scanner desktop
Tra gli scanner desktop spiccano quelli prodotti da Next Engine e David, laser il primo, a luce strutturata il secondo. La fascia di prezzo è piuttosto alta, ma le prestazioni sono di tutto rispetto: garantiscono accuratezza e risoluzione molto elevata, una buona gestione della texture; unico neo è la compatibilità solamente con sistemi Windows.
Entrambi sono corredati da software che consentono facilmente di unire più nuvole di punti, quindi di acquisire anche oggetti di grandi dimensioni. Per quanto riguarda il primo, da segnalare l'integrazione con SolidWorks.

Ci sono poi una serie di prodotti di fascia di prezzo decisamente inferiore, dai 1.000 euro in giù, che presentano comunque caratteristiche interessanti: Rubicon (Rubitech), Digitizer (Makerbot), Matter and Form 3D Scanner, EinScan-S (Shining 3D) e Cubik (CadScan).
Sono tutti basati su piattaforme fisse rotanti, motivo per cui i volumi di scansione sono piuttosto contenuti, fa eccezione solo EinScan-S che presenta anche una modalità di scansione a mano libera.
In base al rapporto qualità/prezzo Rubicon è quello più interessante in quanto ha un'accuratezza molto elevata e gestisce il colore tramite texture fino a 5 MP di risoluzione.

Tra tutti questi l'unico che ho avuto la possibilità di testare personalmente è il Sense di Cubify. Qualcuno ha avuto modo di utilizzare qualcuno degli altri e vuole dirci cosa ne pensa?
 

Alessandro Tassinari
Per chi lavora nell'ambito della modellistica, spesso l'oggetto stampato in 3D non è mai il prodotto finito. La stampa 3D è solo solo una delle fasi che il progetto attraversa, partendo dal disegno iniziale, fino al pezzo completo.
Una delle operazioni che si svolgono più spesso è la replica di un oggetto stampato in 3D, utilizzando uno stampo realizzato in gomma siliconica. Questo tipo di stampi si può realizzare in maniera semplice anche in casa e non richiede attrezzature particolari.
Con qualche accortezza e con un paio di trucchi il risultato sarà perfetto.
In questa guida:
> Perchè fare la replica di un oggetto stampato 3D?
> I prodotti per realizzare gli stampi
> Come realizzare uno stampo
> Guida alla duplicazione di oggetti stampati in 3D
Perchè fare la replica di un oggetto stampato 3D?
Prima di tutto quali sono i motivi che possono spingere a replicare un oggetto stampato in 3D, quando potresti semplicemente stamparne un altro?
Vediamoli di seguito.
Tempo: replicare un oggetto in resina richiede solitamente meno tempo rispetto ad una stampa 3D. Le resine utilizzate richiedono 20/30 minuti per essere pronte da estrarre dallo stampo.
Qualità: in genere un oggetto uscito dal processo di stampa 3D presenta alcuni difetti che vanno rimossi, oppure va trattato per ottenere una superficie migliore (link all'articolo sulla rifinitura). Questo lavoro andrebbe rifatto su ogni pezzo, mentre facendo lo stampo di un oggetto rifinito, le copie avranno tutte la stessa qualità.
Scelta dei materiali: indipendentemente dal materiale usato per la stampa 3D, le repliche verranno poi realizzate usando resine da colata. Di queste resine ne esistono di moltissimi tipi, con caratteristiche del tutto diverse (opache, trasparenti, colorabili, dure, morbide, elastiche, ignifughe, etc...).
Quindi, essere in grado di replicare l'oggetto mi permette di sfruttare le potenzialità della stampa 3D per ottenere un pezzo da usare come "master" da replicare con costi e tempi minori o qualità dei materiali migliore.
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I prodotti per realizzare gli stampi
Per realizzare questo tipo di stampi vengono utilizzati dei prodotti chiamati Gomme Siliconiche RTV (room temperature vulcanization), cioè che catalizzano a temperatura ambiente.
Queste gomme esistono in diverse gradazioni di durezza e di resistenza alla rottura, in base al tipo di stampo che si dovrà andare a realizzare e con costi variabili (dai 10€ al kg in su).
Per stampi piccoli in genere si usano gomme più morbide, mentre per stampi di dimensioni maggiori gomme via via più dure. In ogni caso, le gomme si dividono principalmente in due famiglie: gomme per policondensazione e gomme per poliaddizione.
Le gomme per policondensazione si presentano sotto forma di un componente liquido della consistenza di un frullato (la gomma) e di un catalizzatore (un liquido). Il catalizzatore va aggiunto in percentuale di circa il 5% rispetto al peso della gomma (la percentuale esatta dipende dal prodotto).
Queste gomme sono in genere più economiche, hanno caratteristiche di durata medie, tempi di catalisi che vanno dai 60 minuti alle 24 ore. Hanno il vantaggio di poter essere utilizzate con svariati materiali, avendo meno problemi di catalisi, quindi sono quelle ideali per i primi esperimenti. Per contro il fatto di dover usare un catalizzatore da misurare in peso richiede di doversi attrezzare con una bilancia digitale.
Le gomme per poliaddizione (o gomme al platino) sono invece un prodotto più pregiato, possono essere usate anche per stampi che vanno a contatto con prodotti alimentari, hanno caratteristiche di resistenza e durata generalmente migliori e catalizzano in tempi che vanno dalle 2 alle 6 ore.
Si presentano sotto forma di due componenti entrambi con la consistenza di un frullato e i due componenti vanno mischiati in rapporto di volume uno a uno, quindi in pratica, basta mischiare la stessa quantità di entrambi i componenti.
Sono un prodotto dalle prestazioni migliori, che garantisce una durata maggiore e relativamente più semplici da dosare di quelle per policondensazione. Per contro sono più costose e possono presentare problemi di catalisi (quindi non indurirsi) se durante il processo vengono a contatto con alcuni materiali (pvc, lattice, plastilina con zolfo, etc).
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Come realizzare uno stampo
Per il nostro esempio utilizzerò una gomma siliconica al platino (poliaddizione) di durezza media.
Per prima cosa bisogna preparare il pezzo. In questo caso sto usando un pezzo stampato e non rifinito, quindi la cosa principale da verificare è che non ci siano fori o fessure, dove la gomma si infilerebbe, impedendo poi di estrarre il pezzo dallo stampo.
Per chiudere i fori ho usato della plastilina, facendo attenzione ad utilizzarne una compatibile con le gomme per stampi (quando la comprate c'è scritto e comunque dev'essere plastilina senza zolfo).

Per stampare questo pezzo farò il più semplice degli stampi in gomma, quello a pozzo aperto, in pratica il pezzo verrà fissato per la base e ricoperto di gomma. Come base sto usando del polistirolo espanso e per fissare il pezzo uso del nastro biadesivo.

Una volta fissato il pezzo bisogna costruire un recinto attorno, che funga da contenitore per la gomma. Anche per questo ho usato del polistirolo, ma si può usare in alternativa del cartone, della plastica o in maniera più creativa altre cose, come mattoncini lego, contenitori a cui viene rimosso il fondo, etc. L'importante è che quando si usa un materiale nuovo si faccia una verifica di compatibilità con la gomma (la gomma deve catalizzare a contatto di quel materiale)

Le gomme per stampi, per loro natura, sono in grado di inserirsi e scorrere anche nelle fessure più microscopiche. Questa caratteristica è quella che permette di ottenere stampi estremamente fedeli, ma per contro richiede che il recinto che la conterrà sia a tenuta stagna. Per garantire maggiore sicurezza in genere sigillo i bordi con del biadesivo e poi ripasso con un cordone di colla a caldo.

Come dicevamo prima la gomma per poliaddizione si presenta come due componenti della stessa densità. Misurare la quantità necessaria è semplice, basta riempire due contenitori allo stesso livello.

Una volta misurati i due componenti vanno uniti e mescolati per garantire una buona riuscita degli stampi in gomma. La diversa colorazione dei due componenti aiuta a capire quando sono ben mescolati. Per mescolarli consiglio di usare un bastoncino e di raschiare bene e a lungo bordi e fondo del contenitore.


Per essere sicuri che i componenti siano ben mescolati si possono travasare alcune volte da uno dei contenitori all'altro.

Quando il composto avrà un colore omogeneo e non ci saranno striature la gomma è pronta. Noterete che si formeranno parecchie bolle d'aria che salgono in superficie. Queste bolle dipendono dall'aria che viene naturalmente inglobata in fase di mescolatura. Lasciate riposare un po' il composto, per fare in modo che le bolle più grosse escano. Un composto con troppe bolle potrebbe portare ad uno stampo di scarsa qualità e che si rompe facilmente.
pro tip: in genere, in ambito professionale, prima di essere usata la gomma viene "degassata" ovvero inserita in una macchina che produce il vuoto e rimuove l'aria in eccesso. Benchè questo procedimento aumenti di molto la qualità degli stampi, richiede macchinari specifici e per stampi semplici può essere evitato con alcuni accorgimenti.

Una volta che il composto ha degassato un po' è pronto per essere versato. Per garantire il miglior risultato e la minore quantità di aria inglobata possibile conviene versare il contenuto molto lentamente e lasciandolo cadere sotto forma di un filo sottile. Non versate la gomma sull'oggetto ma scegliete un angolo libero della scatola e fatela scendere li. Abbiate pazienza e lasciate cadere lentamente la gomma, fino a quando l'oggetto sarà completamente ricoperto.
pro tip: siccome durante tutto il processo l'aria intrappolata continua a salire verso la superficie del contenitore, la gomma sul fondo è quella meglio degassata. Per poterla utilizzare il trucco è di forare il fondo del bicchiere e lasciare che cada da li. In questo modo la gomma con più aria arriverà alla fine e si depositerà nella parte alta dello stampo, dove sarà più facile che venga eliminata.

A questo punto basta aspettare il tempo indicato di catalisi (per questa gomma 8 ore) e poi si può procedere all'apertura del contenitore. Se vi è avanzata un po' di gomma nel bicchiere durante il processo potete testare su quella lo stato di catalisi.

 

Una volta aperto il contenitore si può procedere all'estrazione del pezzo master. Nel caso l'estrazione fosse molto difficoltosa o impossibile potete incidere i bordi dello stampo usando un bisturi o una lama molto affilata.


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Guida alla duplicazione di oggetti stampati in 3D
Ora che sai come si realizza uno stampo hai tutte le informazioni necessarie per iniziare a duplicare in modo efficiente e veloce i tuoi modelli stampati in 3D!
Nella prossima guida vedremo come usare questi stampi in gomma per replicare gli oggetti. Eccola:
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Alessandro Tassinari
Dopo aver creato lo stampo in gomma vediamo ora come utilizzare le resine da riproduzione per realizzare le copie del nostro oggetto stampato 3D.
Se per caso hai perso di vista la mia guida alla realizzazione degli stampi in gomma, ti lascio qui di seguito il link alla guida 😉
Le resine usate per le riproduzioni (dette anche "resine da colata") si dividono principalmente in due famiglie: le resine poliuretaniche e le resine epossidiche.
In questa guida:
> Resine poliuretaniche opache
> Resine poliuretaniche trasparenti
> Gomme poliuretaniche
> Resine epossidiche
> Gli additivi
Resine poliuretaniche opache
Le resine poliuretaniche opache sono prodotti bi-componenti formati da una resina ed un catalizzatore. Sono molto utilizzate per la riproduzione degli oggetti da stampi in gomma perché sono relativamente economiche e semplici da utilizzare.

Le resine più comuni, quelle reperibili nei negozi di articoli di belle arti o di modellismo, si presentano come due liquidi (componente A e B) di solito uno di colore bianco e l'altro bruno/trasparente che una volta uniti catalizzano a temperatura ambiente.

Questo tipo di resine da colata sono prodotti che vanno mixati in rapporto 1:1 in peso o in volume e il fatto di poterli misurare per volume rende molto semplice il processo, in quanto basta prendere due contenitori qualunque (due bicchierini di plastica) e versare la stessa quantità di ogni componente.

Una volta uniti, i due componenti vanno mescolati accuratamente, per almeno 30 secondi, raschiando più volte i bordi e il fondo del contenitore.

I componenti vanno mischiati usando un bastoncino o uno stecco piatto, asciutti e puliti, facendo attenzione a non incorporare troppa aria, per evitare che sulla superficie del pezzo replicato compaiano delle bolle.

Dopo averla miscelata la resina va versata lentamente nello stampo, se serve ruotandolo per far scendere la resina anche nei recessi.

Volendo si può anche schiacciare o scuotere leggermente lo stampo, sempre per favorire la distribuzione della resina e la fuoriuscita di eventuali bolle d'aria.

Tutte le operazioni vanno svolte con calma ma senza indugiare, perché queste resine hanno un "pot life", il tempo entro il quale possono essere versate nello stampo, di pochi minuti.

Il "demold time" invece, ovvero il tempo dopo il quale si può estrarre il pezzo dallo stampo, è di circa 30 minuti.

Queste resine sono disponibili in numerose versioni. Su Amazon trovi una vastissima scelta e soluzioni da tutti i prezzi.
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Resine poliuretaniche trasparenti
Le resine poliuretaniche esistono anche in versione trasparente. In questo caso ci sono diverse formulazioni, che funzionano al meglio in base al tipo di lavorazione.
Ci sono versioni ottimizzate per pezzi con spessori molto sottili e per pezzi con volumi elevati, quindi è importante scegliere il prodotto giusto per la corretta applicazione.

Anche le resine trasparenti sono formate da due componenti, ma a differenza di quelle opache di solito non si possono mixare in rapporto 1:1, visto che le quantità variano da prodotto a prodotto e di solito è necessario pesare entrambi i componenti con una bilancia di precisione.
Per il resto il procedimento è identico. A differenza di quelle opache, in cui le eventuali bolle d'aria interne rimangono invisibili, in quelle trasparenti tutta l'aria inglobata durante la miscelazione apparirà in trasparenza, quindi a meno di poter utilizzare un sistema di degasaggio sotto vuoto, la copia ottenuta conterrà sempre qualche micro bolla al suo interno.


Le resine poliuretaniche trasparenti sono prodotti molto comuni. Puoi scegliere tra prezzi e quantità di tutti i tipi. Le trovi sia online che in negozio, come una mesticheria o una ferramenta.
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Gomme poliuretaniche
Le "gomme" poliuretaniche sono delle resine che una volta catalizzate hanno durezza e consistenza simili a quelle della gomma.

Per queste gomme la durezza va da molto dura (tipo un pneumatico o la suola di una scarpa) fino a molto morbide (una gomma da cancellare o più morbide ancora).

La procedura di preparazione è sempre la stessa e anche in questo caso i due componenti invece di essere mixabili in volume potrebbero dover essere pesati. A differenza delle resine rigide, le gomme hanno di solito pot life e demold time molto più lunghi, che possono arrivare fino a 24h per ottenere un pezzo finito e manipolabile.

Durezza e tempi di lavorazione dipendono dal prodotto scelto, diventa quindi importante leggere attentamente le istruzioni fornite dal produttore.

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Resine epossidiche
Le resine epossidiche o epoxy sono prodotti generalmente più costosi delle resine poliuretaniche, ma con caratteristiche meccaniche solitamente migliori.
Le resine epossidiche sono la base dei manufatti generalmente detti "compositi" come quelli realizzati con fibre di vetro o di carbonio, ma possono essere usate anche come resine da colata negli stampi in silicone.

Le resine epossidiche sono sempre bicomponenti, formate da due componenti trasparenti e non sono quasi mai miscelabili in rapporto 1:1, ma con rapporti in peso o volume estremamente variabili in base al prodotto scelto.
Le resine epossidiche sono molto sensibili ai parametri di temperatura e potrebbero faticare a catalizzare o non catalizzare affatto con temperature basse, il che ne rende particolarmente problematico l'utilizzo in inverno.
Per quanto riguarda la preparazione, le resine epossidiche sono simili a quelle poliuretaniche, una volta misurate le corrette quantità i due componenti vanno uniti e mescolati accuratamente. In genere i composti epossidici sono meno tolleranti in caso di errori di misura, quindi bisogna mettere la massima attenzione nel calcolo dei quantitativi.
Il pot life e il demold time sono generalmente medio-lunghi, dalle 2 alle 24 ore e possono essere accorciati aumentando la temperatura del composto. In ogni caso è fondamentale leggere accuratamente le istruzioni del produttore che riguardano i rapporti di miscelazione, i tempi di catalisi e le temperature di lavorazione.
Come le resine poliuretaniche anche le epossidiche possono essere colorate o caricate con prodotti che ne modificano le caratteristiche fisiche e meccaniche.
In questo esempio vediamo una provetta realizzata in resina epossidica trasparente, in cui il processo di degasaggio sotto vuoto ha permesso di rimuovere l'aria in eccesso ed evitare la presenza di bolle.

Gli additivi
Oltre ad essere usate pure, alle resine da colata possono essere aggiunti tutta una serie di prodotti per modificarne le caratteristiche fisiche o estetiche, come pigmenti, polveri metalliche, fibre strutturali, cariche cave, etc.
I pigmenti
I pigmenti sono i prodotti utilizzati per modificare il colore delle resine. Esistono moltissimi prodotti utilizzabili, sia specifici che generici.

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Tra i prodotti più utilizzati ci sono i pigmenti liquidi, molto semplici da utilizzare e le aniline ai grassi. Entrambi i prodotti non sono particolarmente economici, ma in genere ne vengono usate quantità minime.




In alternativa è possibile utilizzare i classici pigmenti in polvere da colorificio, molto più economici, anche se non essendo pensati per essere solubili nelle resine, l'effetto in genere è meno intenso e si possono presentare punti in cui la colorazione si presenta poco omogenea (potrebbe essere comunque un effetto interessante).

Le polveri metalliche
Un altro additivo molto  utilizzato, soprattutto con le resine poliuretaniche opache, sono le polveri metalliche, usate per simulare manufatti in metallo.

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La tecnica, chiamata "cold casting" permette, variando il tipo di polvere, di rappresentare oggetti in rame, alluminio, bronzo, oro e argento.

Nel caso di polveri di metalli preziosi o comunque particolarmente costosi, in genere si procede con una prima applicazione di resina caricata con la polvere di metallo, facendola scorrere in modo da ricoprire con uno strato sottile l'interno dello stampo.
Una volta catalizzato questa sorta di "guscio" si riempie il resto con della resina non caricata. Oltre alle polveri metalliche possono essere usate anche polveri minerali e di marmo, per replicare effetti pietra e marmorizzati.

Additivi tecnici
Oltre ai pigmenti, che modificano l'aspetto degli oggetti in resina, esistono anche additivi che ne modificano le caratteristiche fisiche e meccaniche.
Tra questi i più diffusi sono le microcariche cave, microscopiche sfere di vetro che aggiunte alla resina diminuiscono il peso dell'oggetto, le fibre di vetro, che aumentano la resistenza degli oggetti diminuendone il peso e gli addensanti, che rendono la resina meno liquida e permettono l'applicazione in stampi aperti o su superfici verticali.
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Alessandro Tassinari
A seguito del lancio di Windows 10, Microsoft ha subito inziato a mettere a disposizione delle app da usare sul rinnovato sistema operativo. Al primo posto figura “3D Builder”, un software semplice e intuitivo che è messo lì non a caso.
Microsoft evidentemente sa bene quanto la stampa 3D sia destinata ad aggredire il mercato e ad entrare nella quotidianità di tutti gli utenti. L’innovazione portata da questa tecnologia è innegabile, tanto che tutti, dalle piccole startup ai grandi colossi dell’informatica, si stanno lanciando nel mondo del 3D printing.

3D Builder, come suggerito dal nome stesso, è principalmente un software di modellazione 3D. Esso fa della semplicità il suo punto di forza, ma non per questo è un programma mediocre. Potremmo dire “Poche ma buone” per quanto riguarda le sue funzionalità, ha infatti tutto ciò che ci si può aspettare da un programma di modellazione base, con qualche chicca in più.
L’interfaccia è molto pulita, in stile Modern UI. All’inizio possiamo decidere di lavorare su un modello già presente nella libreria oppure di caricare un modello nostro. I formati supportati sono 3MF, STL, OBJ, PLY e VRML. Una volta scelto il file verremo indirizzati nella schermata di modifica del modello, con due pannelli circolari principali.

Il pannello di sinistra riguarda solamente la selezione, con la possibilità di selezionare o deselezionare tutti gli oggetti della scena. Il pannello di destra è quello principale, con i tre pulsanti superiori dedicati allo spostamento, alla rotazione e al ridimensionamento del modello con la misura in altezza indicata proprio al centro. I pulsanti inferiori sono invece quelli che riguardano la gestione del file e dell’editing vero e proprio, vanno quindi analizzati con più attenzione.
File:
Nuova scena, elimina tutti i modelli presenti in scena Aggiungi un pezzo, carica un ulteriore modello 3D Salva (formati 3MF, PLY e STL) Informazioni sul modello, fornisce informazioni generali e di licenza Segnala un problema, invia una segnalazione di errore a Microsoft Impostazioni, cambia stili di visualizzazione e unità di misura
Modalità oggetto:
Duplica, crea una copia del modello in scena Elimina Posiziona, permette di spostare il modello all’interno della scena Gruppo, unisce due solidi Separa, divide due solidi precedentemente uniti con comando ‘Gruppo’ Centra visualizzazione
Modifica:
Rilievo, aggiunge una scritta o un simbolo al modello Dividi, trancia il modello con un piano Semplifica, riduce la complessità della mesh del modello Smussa, rimuove le asperità del modello Unisci, crea un unico solido con gli elementi selezionati Intersezione, crea un solido formato dalle parti intersecate di due solidi Sottrazione, rimuove ad un solido la parte che si interseziona con un altro solido. Modellazione, ma non solo. Microsoft infatti ha reso compatibile 3D Builder con il suo sensore Kinect per permetterci di eseguire scansioni 3D. Collegando il Kinect al pc, esso verrà automaticamente riconosciuto dal software e potremo iniziare la scansione in modo semplice e rapido, per farlo possiamo sia muovere il Kinect attorno al soggetto, sia ruotare il soggetto con il Kinect fisso. In tempo reale avremo il modello 3D a colori in 3D Builder, pronto per essere editato o direttamente stampato in 3D.

Per quanto riguarda la stampa, abbiamo due possibilità. Se possediamo una stampante 3D ci basta collegarla al pc e stampare semplicemente, altrimenti ci viene offerta la possibilità di stampare da remoto tramite un service di stampa 3D.
In poche parole, il modello viene inviato allo store di 3D Systems più vicino a noi, viene stampato e spedito a casa nostra in circa 10 giorni lavorativi. Per il materiale di stampa, il pagamento e la spedizione, verrete reindirizzati al sito Cubify di 3D Systems.
Il fatto negativo che bisogna sottolineare in 3D Builder è la mancanza di un vero e proprio slicer. Anche se il software è indirizzato all’utente consumer, qualche impostazione in più non avrebbe di certo guastato.
Cliccando in ‘Stampa’ le uniche modifiche che possiamo fare riguardano l’aggiunta automatica della base e dei supporti, nulla più. Nel caso si volessero più impostazioni di stampa, si consiglia di salvare il modello 3D e di importarlo in un software slicer come ‘Cura’ o Slic3r’.
Nota positiva è invece il comando ‘Rilievo’, con cui oltre ad aggiungere scritte si possono aggiungere forme 3D che il programma crea sulla base di file immagine (.jpg, .bmp, .png).

Se per gli utenti di Windows 10 e 11, 3D Builder è preinstallato, oppure è scaricabile gratuitamente tramite lo Store di Microsoft.

Alessandro Tassinari
Il tuo modello in ABS si deforma o ancora peggio si rompe sul piano di stampa? Sei costretto ad utilizzare metodi "casalinghi" fra cui lacca, carta forno o nastro adesivo per farlo aderire?
Finalmente Dima3D ha risolto i nostri problemi presentando Dimafix.
Dimafix è una delle colle spray più conosciute e utilizzate. Disponibile in bombolette da 400ml, è ideale per stampanti 3D con tecnologia FFF con il letto riscaldato. Fornisce un ottimo grip tra plastica e piano di stampa facendo in modo che la deformazione non sia più un problema, anche nelle parti in ABS di grandi dimensioni.

Dimafix è un additivo specifico per i piatti riscaldati delle nostre stampanti 3D. Il prodotto è distribuito sul mercato in una semplice bomboletta a spruzzo e garantisce un gran numero di applicazioni - circa 100 stando a quanto dichiara la casa, vaporizzando il prodotto sul piano di stampa.
Dimafix si comporta bene con tutti i tipi di materiali termoplastici. Mentre il letto è caldo, l’effetto adesivo funzionerà anche con stampe di grandi dimensioni. Quando la temperatura del letto riscaldato diminuisce, l’effetto di adesione si riduce e il modello si stacca facilmente. Alle alte temperature l’adesione è fortissima.
Questo spray funziona molto bene con tutti i materiali da stampa 3D: ABS, PLA, PETG, materiali flessibili. Tutti i materiali, una volta estrusi, subiscono dei ritiri a causa dello sbalzo termico. Dimafix riesce ad agire in tutte queste occasioni e risulta particolarmente efficace se usato col piatto riscaldato.

Non è necessario applicarlo ogni volta: basta pulire ogni tanto il piatto con alcohool, giusto per tenere la stampante sempre pulita e in ordine e per permettere l’adesione su uno strato pulito, senza troppi residui dalle stampate precedenti.
Finita la produzione degli oggetti stampati, con un semplice panno inumidito puoi pulire sia il piano che il fondo del vostro pezzo. Dimafix non lascia nessun segno o alone, questo grazie alla sua solubilità in acqua.
Per esperienza diretta, utilizzare questo prodotto spray garantisce anche la sicurezza di togliere intatto il nostro oggetto a fine stampa. Al contrario con i metodi "casalinghi" possiamo avere molti problemi, per esempio: il nastro adesivo rischia di fondere ed incollarsi alla base del prodotto, costringendoci ad usare spatole o raschietti per rimuoverlo. La lacca invece rischia di degradare il nostro materiale ed inoltre non garantisce al 100% una rimozione sicura dalla superficie di contatto.
Insomma, effettivamente mi sento di consigliare l'uso di Dimafix nella stampa di qualsiasi materiale. Provalo, lo trovi su Amazon con consegna immediata!
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Se vuoi provare qualche altro sistema per migliorare l'adesione dei tuoi pezzi al piatto di stampa puoi leggere la mia guida dedicata:

Alessandro Tassinari
La velocità di stampa è probabilmente uno dei parametri più importanti nella stampa 3D. Se impostato male, otterremo senza alcun dubbio risultati di bassa qualità.
Eppure, si tratta di una di quelle impostazioni a cui, prima di ogni altra cosa, viene da pensare: lo stampatore 3D vuole sempre poter toccare con mano il proprio modello il prima possibile. Ed è proprio in questi casi che, facendosi prendere dalla "voglia di velocità", iniziano a saltare fuori i problemi.
Prima di entrare nel dettaglio di questo parametro di stampa, voglio specificare che, in questa guida, facciamo riferimento alle stampanti 3D FDM. Le stampanti che operano con altre tecnologie non utilizzando un parametro di velocità come di seguito descritto.
Detto questo, se sei alle prese con una stampante 3D FDM che vi sta dando risultati poco soddisfacenti, probabilmente stai leggendo la guida giusta!
In questa guida:
> La velocità di stampa - Caratteristiche
> Velocità di stampa e temperatura
> Velocità di stampa, accelerazione, qualità e materiali
> Velocità di stampa - Conclusioni
La velocità di stampa - Caratteristiche
I movimenti delle stampanti 3D possono raggiungere velocità molto elevate. Eppure, quando entriamo nella fase di stampa, siamo sempre costretti a ridurre notevolmente questo parametro.
Questo accade perché, facendo muovere molto velocemente le componenti della stampante 3D, si perderà della precisione. Dobbiamo sempre tenere a mente che abbiamo a che fare con del materiale che viene estruso da un ugello. Il materiale stesso ha necessità di depositarsi in modo uniforme e preciso.
Stampare a velocità ridotte permette di evitare problemi come lo "stringing", ossia filamenti sottili che vengono rilasciati quando l'ugello si deve spostare da un punto all'altro del modello effettuando la retraction.
 
 
 
Stampare ad alte velocità può anche causare problemi di precisione dei perimetri, soprattutto a causa dell'inerzia di movimento. Infatti, se pensiamo a un brusco movimento effettuato ad alta velocità (come nel caso dello spigolo di un parallelepipedo), sappiamo per certo che il filamento, che stava andando a tutta velocità verso una certa direzione, ne subirà una deformazione per un piccolo tratto.
Quello che accade è lo stesso che proviamo quando correndo cambiamo direzione. Quella sensazione di sbilanciamento che proviamo per un secondo "sporca" la nostra corsa. Stesso discorso vale per il materiale che viene estruso. Il modello presenterà come dei piccoli rigonfiamenti dopo gli spigoli, che saranno evidenti lungo tutta la parete.
Se questa circostanza si verifica, e la qualità è un fattore importante, non c’è altro rimedio che ridurre la velocità di stampa.
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Velocità di stampa e temperatura - Una relazione che non finirà mai
La velocità e la temperatura di stampa sono due parametri che vanno a braccetto. Non a caso, la regola generale vuole che all'aumentare della velocità di stampa, aumenti anche la temperatura di estrusione e viceversa.
La relazione tra questi due parametri è facilmente spiegata:
se la velocità di stampa aumenta, il materiale dovrà essere estruso più velocemente. Per permettere al materiale di scaldarsi per tempo, è quindi necessario aumentare la temperatura di estrusione; se la velocità diminuisce, il rischio è di surriscaldare la superficie con la presenza dell’estrusore sul materiale, ottenendo una superficie deformata. Per limitare queste deformazioni, si tende quindi a diminuire la temperatura di stampa. Torna all'Indice
Velocità di stampa - La relazione con accelerazione, qualità e materiali
Se sei vicino all'acquisto della tua prima stampante 3D, probabilmente avrai notato che i produttori forniscono sempre delle velocità di stampa massime raggiungibili. Magari, ti sarai fatto invogliare da macchine se sembra possano sostenere velocità superiori alle altre. Ebbene, sappi che i valori presentati sono solamente indicativi e poco attendibili, essenzialmente per 3 motivi:
Innanzitutto, dobbiamo parlare di "accelerazione", e possiamo farlo prendendo come esempio un'automobile. Se sappiamo che la velocità massima di un'automobile è di 300 Km/h, questo non ci garantisce che potrà sempre andare a questa velocità. Possiamo anche guidare una Ferrari, ma se la guidiamo in città, sarà impossibile raggiungere la velocità massima.
Parlando di stampanti 3D, quello che accade è esattamente lo stesso. La macchina è in movimento e deve effettuare spostamenti molto precisi, a volte seguendo geometrie travagliate: raramente potrà arrivare alle velocità massime indicate.
In secondo luogo, bisogna essere consapevoli del fatto che le velocità presentate non sono (quasi) mai messe in relazione con la qualità di stampa. Sostenere che una macchina può stampare a 150 mm/sec senza specificare con che qualità stamperà non ha alcun senso.

Infine, è necessario ricordare che le velocità di stampa sono legate alle caratteristiche termoplastiche del materiale. Questa regola fisica varia per qualsiasi materiale utilizzato ed ha una forte relazione con le caratteristiche meccaniche della stampante 3D. In generale, possiamo affermare che non potremo mai stampare l'ABS alla stessa velocità del PLA.
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Velocità di stampa - Conclusioni
Arrivati a questo punto, possiamo tirare alcune conclusioni. Presupponendo di essere a conoscenza che si dovranno stampare materiali che non permettono di stampare a velocità elevate, come ad esempio l'ABS, sarebbe opportuno ragionare sull'acquisto di una stampante 3D che prediliga la precisione o l'affidabilità.
In ogni caso, tieni sempre a mente che stampare ad alte velocità significa inevitabilmente perdere precisione e qualità nell'oggetto finito. Detto questo, la scelta resta sempre al progettista: si può scegliere di prediligere le prestazioni di esecuzione o le qualità meccaniche ed estetiche del pezzo prodotto.
A te la scelta!
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Alessandro Tassinari
Forse non tutti sanno che molti dei problemi che affliggono le stampe 3D sono causati proprio da un livellamento del piano eseguito male.
Il primo layer, infatti, è fondamentale per una buona riuscita della stampa. Se, per esempio, il tuo ugello rimane troppo distante dal piano, questo potrebbe non aderire correttamente causando un distaccamento del pezzo e il fallimento della stampa. Per questo livellare bene il piano è estremamente importante.
Per farlo esistono diversi metodi, dai più basilari e manuali a quelli più avanzati e automatizzati. In questa guida andiamo ad analizzare i pro e i contro di ciascuno dei metodi di livellamento del piano più utilizzati così da capire quale di questi sarà il più adatto alle tue esigenze.
Livellamento manuale
Chiunque abbia avuto a che fare con una stampante di fascia media o bassa ha sicuramente provato il livellamento manuale.

Si tratta di una procedura un po' noiosa, richiede un minimo di attenzione e di sensibilità, generalmente viene eseguita con un foglio di carta (spessore 0,1 millimetri) nei quattro angoli del piano facendo in modo che questo scorra sotto il nozzle grattando leggermente.
Si tratta sicuramente del sistema di livellamento del piano più basilare ed economico in assoluto. Se la stampante 3D che utilizzi è ben costruita e se per le pulizie e la rimozione dei pezzi hai l’accortezza di staccare il piano dalla base, la calibrazione può durare a lungo.
Livellamento con sensore induttivo
Si tratta un sensore molto economico e di semplice funzionamento.

È piuttosto leggero - 50 grammi totali - ed estremamente preciso, ha infatti una deviazione standard di 0,005 millimetri. La grande pecca risiede nel fatto che è in grado di rilevare solamente i metalli, perciò sarà impossibile utilizzarlo sul classico piano in vetro o basi speciali come la Ultrabase.
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“Ma nella mia stampante il vetro poggia su una base metallica!”; purtroppo devo dirti che, data la portata massima del sensore (di soli 5 millimetri circa) e vista la necessità di doverlo montare leggermente sopra il livello dell’ugello, difficilmente si potrà rilevare lo strato sottostante. Il costo è di circa 10€.
Livellamento con sensore a contatto
Chi non soffre di problemi di rilevamento a seconda del materiale è il sensore con funzionamento a contatto.

Questo tipo di sensore sfrutta un perno (metallico o in plastica) che scende dal corpo meccanicamente fino all’impatto fisico con la superficie. Questa operazione viene ripetuta due o tre volte con precisione crescente. Il principio con cui questo sensore opera permette di rilevare quindi vetro, metalli, gomme o qualsiasi altro materiale di cui sia composto il tuo piatto.
Anche in questo caso la deviazione standard è di 0,005 millimetri, trattasi perciò di un metodo di livellamento molto preciso. In genere il sensore ha un peso di soli 10 grammi, ciò significa che andrà a gravare in maniera minima sul tuo blocco estrusore. Il costo del BL Touch originale oscilla intorno ai 40€, sebbene esista anche una versione prodotta da Geeetech altrettanto valida venduta su Amazon attorno ai 20€. Attualmente uno dei sensori più utilizzati.
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Livellamento con sensore capacitivo
Anche questi sono presenti in molte stampanti 3D, i più comuni rilevano le superfici in metallo posizionate sotto il piano di stampa.

La "sensibilità" è regolabile ruotando la ghiera inferiore, che alza e abbassa il sensore stesso. Altre tipologie di sensori capacitivi, molto meno comuni, sono in grado di rilevare materiali non metallici, come materiali conduttivi o che presentano una diversa costante dielettrica rispetto all'aria.
Per quanto riguarda il peso, questo si aggira attorno ai 60 grammi. Disponibile su Amazon, il prezzo parte da 8-10€ e aumenta a seconda del produttore.
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Alessandro Tassinari
Sono le 00:05 di un freddo 28 dicembre ed io ho barattato il decimo giro di tombola in famiglia con la stesura di questa mini panoramica sui falsi miti in ambito stampa 3D.
Già dall'incipit, anzi, già dal titolo, capirete che questo NON è un articolo ipertecnico, ma semplicemente un modo per individuare e sfatare una volta per tutte le fandonie più comuni che si sentono quando si parla di stampa 3D. Spero quindi che possa esservi utile o in alternativa che possa farvi sorridere.
1) Stampare case o organi con stampanti 3D da 500 euro
Le stampanti 3D NON sono tutte uguali. Esistono tantissime tecnologie differenti di stampa 3D che, pertanto, consentono la produzione di oggetti molto diversi tra loro a livello, non solo di materiali, ma anche relativamente alle dimensioni, alle proprietà meccaniche ed a livello di dettaglio.

Lo so, sembrerebbe quasi superfluo specificarlo, tuttavia la precauzione non è mai troppa, soprattutto quando si sentono dichiarazioni di personaggi pubblici secondo i quali con le stampanti 3D da 900 euro ci si può stampare una canoa, una dentiera o addirittura una casa.
Non è così.
C'è da dire che anche i film ed i telefilm a volte contribuiscono in maniera rilevante a distorcere la realtà dei fatti. Non me ne vogliano i fan di Grey's Anatomy, ma con le stampanti 3D tipo quella mostrata nella serie tv NON si possono stampare organi o tessuti biologici ma "solo" polimeri tipo PLA, ABS ecc.
Per chi volesse approfondire in modo completo tutte le varie tecnologie esistenti sul mercato, consigliamo di leggere questa guida.
2) La stampa 3D è nata solo pochi anni fa
La stampa 3D NON è una tecnologia recente, a meno che per "recente" non intendiate più di una ventina d'anni.

Mi sto riferendo, nello specifico, alle stampanti 3D FDM, quelle il cui costo attuale si aggira attorno ai 500 - 2000 euro e che da un paio di anni a questa parte hanno invaso le vetrine dei negozi di elettronica e che stanno cominciando a monopolizzare anche le nostre scrivanie.
Potrebbe sembrare strano, ma le stampanti 3D FDM sono state inventate negli anni ottanta da S. Scott Crump, co-founder di Stratasys.
A questo punto la domanda sorge spontanea, perchè se si tratta di una tecnologia non così recente, si è diffusa solo ora?
La risposta è che in questi ultimi anni sono scaduti i brevetti e quindi diverse aziende, tra cui Makerbot in primis, hanno iniziato a produrre le proprie stampanti 3D. Non si può trascurare, inoltre, l'influenza del progetto RepRap e di Arduino sulla diffusione a macchia d'olio delle stampanti 3D FDM.
Infatti, la vera rivoluzione non è rappresentata dalla tecnologia di stampa 3D in se ma dal fatto che adesso, per la prima volta, si può produrre in maniera autonoma degli oggetti, adattandoli al 100% alle proprie esigenze e svincolandosi, così, da quelli che sono i processi di produzione industriale di massa.
3) Ci stampiamo un oggetto in 2 minuti
I tempi di stampa sono rapidi ma NON istantanei. La tecnologia ci vizia sempre di più, al giorno d'oggi se ci piace una canzone bastano pochi secondi per scaricarla sul nostro smartphone o per trasferirla su un CD (per i nostalgici).

Gli oggetti da stampare in 3D, invece, hanno bisogno di un po' più di tempo; quanto? Dipende dall'oggetto, dalla stampante che si possiede e dalle impostazioni di stampa che di volta in volta si scelgono.
Non spaventatevi se in alcuni casi i tempi di stampa si dilatano anche fino 3 ore o più; per oggetti relativamente grandi e complessi potrebbe essere normale. Se invece state stampando un semplice segnalibro ed il tempo stimato dallo slicer è di 10 ore, allora chiamate pure i Ghostbusters.
Scherzi a parte, il dato oggettivo da tenere a mente è che la velocità media di stampa si aggira attorno ai 40 - 100 mm/s, ed ogni stampante riesce a gestire un certo range di velocità compreso in questo intervallo.
Parlo di velocità media sia riferendomi in generale ai dispositivi attualmente presenti sul mercato, sia perché, in alcuni casi, è possibile aumentare o diminuire la velocità, di volta in volta, in funzione di determinati fattori, di cui magari tratteremo più avanti visto che si tratta di opzioni di stampa più avanzate.
4) Nella nostra stampante troviamo una libreria di modelli 3D
Le stampanti 3D NON contengono delle librerie di modelli 3D precaricati. Ciò vuol dire che se si vuole stampare un portachiavi, per esempio, lo si deve o modellare o scansionare o scaricare da internet.

Relativamente alla modellazione, non è necessario un software specifico anzi, vi sono numerosissimi programmi CAD, opensurce o a pagamento tra cui poter scegliere, in funzione delle proprie abilità.
Per quel che concerne la scansione 3D, oramai è possibile acquisire modelli tridimensionali anche attraverso il Kinect della XBox oppure adoperando la fotocamera del proprio smartphone, mediante opportune applicazioni (anche in questo caso, se vi interessa approfondire, consigliamo la lettura di un nostro precedente articolo).
Se invece su una scala da 1 a 10 il vostro livello di pigrizia è "ascensore", allora potete scaricare direttamente da internet dei modelli 3D già pronti per la stampa, gratis o a pagamento.
5) La difficoltà dei kit di montaggio
Per assemblare una stampante 3D non serve una laurea in ingegneria. Quando ho deciso di assemblare una stampante 3D sapevo che non sarebbe stato tanto facile quanto montare un mobile dell'Ikea.

Tuttavia, pur partendo da zero a livello di conoscenze di elettronica e meccanica, ho deciso di lanciarmi in questa "avventura". Oggi, dopo quasi un anno, posso affermare che per assemblare una stampante 3D non è necessaria una laurea in ingegneria, ma soltanto molta pazienza, determinazione, un po' di senso pratico, voglia di spulciare nei forum e qualche preghiera al dio degli stepper motors.
Molte stampanti FDM sono reperibili anche in versione DIY e ciascuna azienda fornisce delle istruzioni più o meno attendibili a seconda dei casi. Inoltre è possibile trovare diversi tutorial di montaggio su internet ed anche numerosi video su YouTube... quindi, niente paura. Se poi ve la vedete brutta, ricordate che ci sono sempre i FabLab, preziosissima risorsa. In conclusione, se volete imparare qualcosa sul funzionamento delle stampanti 3D, il mio consiglio è di partire assemblandone una.
Per qualsiasi dubbio, informazione o curiosità, vi invitiamo a scrivere sul nostro forum!

Alessandro Tassinari
Da quando è esplosa la stampa 3D, questa tecnologia ha destato stupore, euforia ma anche critiche, sopratutto per l'utilizzo di plastica in gran parte vergine. Il tema del riciclo della plastica è quindi diventato primaria importanza.
Una delle caratteristiche che molti pensano sia integrata nella tecnologia della stampa 3D è quella di garantire la fruibilità di questo cerchio continuo, creando nuovo filamento plastico da modelli inutilizzati o rotti.
La realtà è che lo stato attuale dei materiali utilizzati dalle stampanti comuni non è al passo con questa prospettiva: alcune realtà si propongono tuttavia di rimediare a questa mancanza, permettendo in questo modo di aprire le porte a una moltitudine di opportunità che potranno potenzialmente avere anche un impatto positivo sull’ambiente e sul mondo.
Come risolvere il problema dell'utilizzo di plastica vergine nella stampa 3D?
Una di queste realtà si chiama Better Future Factory (BFF), una società di design nata da 5 ex studenti di design industriale alla Delft University in Olanda.
L’utilizzatore finale, a detta di BFF, ha il potere di influenzare gli scarti plastici scegliendo se riciclare o semplicemente buttare via un prodotto. Uno degli obiettivi di BFF è quello di instaurare una prospettiva di rivalutazione degli oggetti quotidiani, accrescendo la consapevolezza delle persone del valore aggiunto ad essi con la possibilità di plasmarli successivamente in qualcosa di nuovo.
Grazie alla stampa 3D, BFF ha creato la Perpetual Plastic Project, un’installazione interattiva di riciclo di materiali plastici. Immaginate di avere un bicchiere di plastica rotto o un giocattolo inutilizzato. L’installazione provvede a ridurre gli oggetti in questione in particelle sempre più fini attraverso una serie di sminuzzatori e setaccia il risultato per ottenere una polvere più o meno uniforme.
Il risultato viene quindi processato da una macchina riscaldante che fonde la plastica e produce come prodotto finale un filamento adatto per la stampa 3D.

Il mercato globale dei filamenti per le stampanti 3D ha già raggiunto il valore di 670 milioni di dollari, ed è previsto che aumenterà; tuttavia fino ad ora si ha sempre utilizzato filamento di plastica vergine per le stampe.
Seppur questa installazione di riciclaggio non funziona per ogni tipo di plastica ancora, ci si può aspettare che in un prossimo futuro la soglia di plastiche vergini utilizzate per i fini della stampa potrà crollare, lasciando il posto a filamenti frutto di riciclaggio.
Bisogna notare che allo stato tecnologico odierno la qualità dei filamenti ottenuti con questa metodologia non è delle migliori: il filamento di plastica risultante presenta infatti delle imperfezioni sporadiche che possono compromettere la qualità del prodotto stampato.
Tuttavia è innegabile che tale approccio sarà necessario per sfruttare ottimalmente le risorse già a nostra disposizione, senza produrre nuovi materiali grezzi con cui lavorare. Le prospettive di un potenziale risparmio economico vengono sminuite da quelle che sono le possibilità di un’impatto positivo sull’ecologia globale, su cui abbiamo già lasciato le nostre impronte a forma di chiazze chilometriche di pellet plastici negli oceani e troppo a lungo siamo rimasti a guardare.
 

Alessandro Tassinari
Maggiore sarà la diffusione delle stampanti 3D, maggiore sarà in futuro la necessità di creare contenuti tridimensionali digitali che possano essere stampati. Nei portali di condivisione dei file 3D, come YouMagine o Thingiverse, possiamo trovare numerosi file da scaricare già pronti per la stampa; in alternativa, possiamo ricorrere alla modellazione tridimensionale manuale per creare un oggetto personalizzato.
Se però dobbiamo riprodurre in modo preciso un oggetto esistente, come nel caso delle riproduzioni di oggetti d'arte o nel reverse engineering, l'unica possibilità che abbiamo è quella di ricorrere al rilievo tridimensionale. Eseguire un rilievo 3D di un oggetto significa ricrearne una perfetta copia digitale, cioè creare un modello 3D metricamente corretto.
Rilievo 3D: le tecnologie
A seconda di ciò che dobbiamo rilevare, abbiamo oggi a disposizione tecnologie e strumenti molto diversi, ciascuno con i propri pregi e i propri difetti. Conoscere le caratteristiche delle soluzioni a disposizione è importante, perché ci permette in ogni situazione di scegliere quelle più adatte. Le principali tecniche di rilievo 3D si possono classificare in:
tecniche basate su sensori attivi (range-based); tecniche basate su sensori passivi (image-based). Le tecniche range-based impiegano strumenti che emettono un segnale che viene registrato dallo strumento stesso al fine di derivarne una misura di distanza: ad esempio i laser scanner, le stazioni totali, i GPS, i radar, ecc.
In particolare, gli scanner laser e a luce strutturata hanno riscontrato un grande successo e hanno notevolmente aumentato la facilità con la quale possono essere acquisiti i dati relativi a semplici oggetti o ad ampie strutture; l'utilizzo sistematico di questi strumenti nel rilievo 3D è però ancora ostacolato dall'elevato costo dell'hardware.
Le tecniche image-based sfruttano invece la luce presente nell’ambiente per acquisire immagini da cui derivare informazioni tridimensionali della scena osservata.
Tra queste tecniche, la fotogrammetria è quella più conosciuta ed utilizzata per rilievi cartografici, architettonici, industriali e archeologici, ma richiede ancora apparati fotografici, strumentazioni e pacchetti software costosi, oltre a un approccio teorico e pratico particolarmente complesso.
Una tecnica simile, che per certi versi può essere considerata un'evoluzione della fotogrammetria stessa, è la Structure-from-Motion, una tecnica che ha come scopo primario l’automazione dell’intero processo di elaborazione delle immagini. Al momento i principali vantaggi di questa soluzione risiede nel minor costo e nella elevata trasportabilità della strumentazione necessaria.
Ci soffermeremo ora sulle principali soluzioni low-cost rappresentate da software di Structure-from-Motion, che permettono di ottenere rilievi 3D di qualità elevata utilizzando semplicemente immagini digitali, normali fotocamere e computer di medio livello; mentre tralasceremo - per il momento - il settore degli scanner, dove le soluzioni low-cost non garantiscono ancora la stessa qualità.
Structure-from-Motion (SfM): come funziona?
La SfM è una tecnica che permette di ricostruire in modo automatico una scena tridimensionale partendo da un set di immagini digitali bidimensionali; differisce sostanzialmente dalla fotogrammetria convenzionale in quanto non prevede alcun intervento umano nel processo.

Per poter ricostruire la tridimensionalità di una scena è necessario ricostruire la posizione di scatto delle singole immagini, in modo tale da poter in seguito dedurre per triangolazione la posizione degli oggetti presenti in esse. Mentre la fotogrammetria tradizionale utilizza i dati GPS delle immagini o di punti di controllo di coordinate note, la tecnica SfM si basa sull'individuazione automatica di punti chiave (features) ben riconoscibili in tre o più immagini, che serviranno per creare corrispondenze tra le immagini e collegarle tra loro (image matching).
 
Partendo dai punti chiave, attraverso un procedimento di triangolazione fotogrammetrica a stelle proiettive (meglio noto come bundle adjustement), in maniera automatica viene calibrata la fotocamera (orientamento interno: calcolo della lunghezza focale e del punto principale) e viene ricostruita la posizione di scatto delle singole immagini (orientamento esterno: coordinate dei centri di presa e rotazioni del fotogramma), e per ogni punto chiave vengono ricavate le coordinate reali x,y,z che vengono materializzate tridimensionalmente in una sparse points cloud, cioè in una nuvola di punti a bassa densità (sparse reconstruction).
Nel passaggio successivo la nuvola di punti a bassa densità viene infittita aumentando enormemente il numero di punti (dense reconstruction) i dati relativi alla posizione x,y,z dei punti chiave vengono utilizzati come punti di partenza per estendere l'analisi delle immagini alle zone prossimali ai punti chiave e riconoscere ed estrarre la posizione x,y,z degli elementi circostanti. Il risultato finale sarà una dense points cloud, cioè una nuvola di punti densa.
Per arrivare al modello 3D finale, poligonale e a colori, in seguito la nuvola di punti deve essere elaborata con programmi di mesh processing e texturing, come spiegato in questo tutorial: LINK.
Structure-from-Motion: soluzioni open source e low cost
Abbiamo a disposizione numerose soluzioni gratuite e low-cost di SfM e in particolare ci soffermeremo sulle cinque più diffuse (che sono infatti quelle utilizzate nei nostri corsi😞 Python Photogrammetry Toolbox, VisualSFM, 123D Catch, ARC3D e PhotoScan (Standard Edition).
Abbiamo messo alla prova i software elaborando lo stesso set di immagini digitali e confrontando i risultati ottenuti: si tratta di 17 fotografie delle dimensioni di 3.600x2.700 pixel (ca. 10 MP) di un rilievo marmoreo che fa parte dello Zooforo del Battistero di Parma scolpito da Benedetto Antelami.
Python Photogrammetry Toolbox - PPT
PPT è una suite realizzata da Pierre Muloun (Mikros Image) e Alessandro Bezzi (Arc-Team) che lavora al meglio sui sistemi GNU/Linux, ma è disponibile anche per Windows, dove però è in grado di elaborare immagini non oltre i 2.500 pixel di larghezza (ca. 5 MP). Il tempo totale di processamento delle immagini dipende dalla potenza dell'hardware a disposizione e dal numero di immagini, ma in generale è piuttosto elevato soprattutto se le immagini da elaborare sono alcune decine. Molti esempi nel campo dei Beni Culturali sono disponibili qui: LINK. L'installazione è piuttosto semplice, basta seguire attentamente le indicazioni presenti in questa pagina: http://184.106.205.13/arcteam/ppt.php

Nel nostro caso di studio in ambiente GNU/Linux (ArcheOS v. 5) è stato ottenuto un ottimo risultato: una nuvola composta da un elevato numero di punti, ben 1.099.551; mentre in ambiente Windows le immagini sono state scalate a 2.500 pixel di larghezza e si è ottenuta una nuvola di soli 487.901 punti.
Velocità di elaborazione: lento
Accuratezza: alta
Difficoltà d'uso: facile
Costo: Gratuito; software libero con licenza GNU GPL
Punteggio: ★★★★☆
VisualSFM
VisualSfM è un'applicazione sviluppata da Changchang Wu, in collaborazione con l'Università di Washingthon e Google. L'applicazione non è open source, come spesso erroneamente si crede, ma è freeware e può essere scaricata e utilizzata gratuitamente solo per uso personale e non commerciale. Installare VisualSFM è piuttosto semplice: dall'homepage è possibile scaricare i file d'installazione per Linux, MacOS e Windows, facendo attenzione a seguire alcune indicazioni presenti in questa pagina: http://ccwu.me/vsfm/install.html.
 

Nel nostro caso di studio l'elaborazione è stata più veloce rispetto a PPT, ma con un risultato meno accurato: sebbene la nuvola sia in realtà più omogenea e ampia, il numero totale di punti estratti è sensibilmente inferiore, 699.175.
Tempo di elaborazione: medio
Accuratezza: media
Difficoltà d'uso: facile
Costo: Gratuito per uso personale e non commerciale
Punteggio: ★★★☆☆
ARC3D
ARC3D WebService è un'applicazione web sviluppata dal laboratorio VISICS dell'Università Cattolica di Lovanio. Il sistema funziona come servizio on-line: attraverso un applicazione multipiattaforma scaricabile gratuitamente (http://www.arc3d.be/), le immagini vengono inviate ad un server che le elabora; una volta terminata l'elaborazione, all'utente viene inviata una mail con un link per scaricare i risultati del rilievo 3D. Essendo un servizio online, è importante prestare attenzione a cosa accade alle nostre immagini che inviamo al server, le condizioni d'uso infatti specificano che: “The uploader gives ARC the right to use the results generated by the webservice for its research activities. In particular, the uploader gives ARC the right to use the data for the creation of a 3D repository for the testing and benchmarking of tools”.
http://www.stampa3d-forum.it/wp-content/uploads/2014/11/Software-rilievo-3D-5-300x296.png
Nel nostro caso di studio è stata restituita una nuvola di punti non colorata composta da 206.507 punti, quindi un risultato di gran lunga inferiore rispetto alle due soluzioni precedenti; l'unico vantaggio, è che in questo caso viene restituita anche la mesh (409.793 poligoni) e la relativa texture (8.092 pixel), entrambe di risoluzione molto elevata.
Tempo di elaborazione: veloce
Accuratezza: bassa
Difficoltà d'uso: molto facile
Costo: Gratuito per uso personale e non commerciale
Punteggio: ★★★☆☆
Autodesk 123D Catch
Anche in questo caso si tratta di un servizio online, ma rispetto ad ARC3D è disponibile sia come applicazione desktop (Windows, Android e iOS), sia come applicazione web per tutti i sistemi operativi (http://www.123dapp.com/catch). Il principio di funzionamento è simile al precedente: si inviano le foto attraverso l'applicazione (con un limite però di 70 immagini del peso massimo di 5 MB ciascuna); l'elaborazione avviene sui server e al termine l'applicazione restituisce un modello 3D già provvisto di mesh e texture. Da un punto di vista della licenza, in questo caso non è ben chiaro che cosa accada alle nostre immagini una volta caricate, in quanto è difficile districarsi nel mare delle licenze Autodesk... resta quindi il dubbio che anche in questo caso si cedano i diritti di utilizzo.
 

Nel nostro esempio abbiamo usato l'applicazione web e abbiamo ottenuto un modello composto da soli 113.787 punti (con una nuvola poco densa, non omogenea e non colorata), una mesh di 227.161 poligoni con una texture a 4096 pixel. Un risultato quindi appena sufficiente, con un modello utilizzabile solo per una stampa 3D in scala e una visualizzazione online.
Tempo di elaborazione: molto veloce
Accuratezza: molto bassa
Difficoltà d'uso: molto facile
Costo: Gratuito
Punteggio: ★★☆☆☆
PhotoScan (Standard Edition)
PhotoScan è un software multipiattaforma per l'elaborazione di nuvole di punti, mesh e texture. La versione standard è indicata per la ricostruzione 3D di oggetti, in quanto consente di esportare solamente il modello 3D e le nuvole di punti. La versione professional, di costo molto più elevato, è indicato per i rilievi topografici e architettonici, in quanto consente l'inserimento di mire di coordinate note e l'esportazione di prodotti particolari, quali DEM e ortofoto. Il software è a pagamento, ma può essere richiesta una versione demo di 30 giorni; è inoltre disponibile una licenza educational a prezzo molto scontato, che tuttavia vieta l'utilizzo del software a scopo commerciale (http://www.agisoft.com/).
 

Nel nostro caso di studio il software ha prodotto una nuvola di 1.437.525 punti ( senza lavorare al massimo delle possibilità), un risultato del 30% superiore a quanto ottenuto con PPT. Infine, è possibile elaborare velocemente una mesh da 500.000 poligoni con una texture a 8192 pixel.
Tempo di elaborazione: veloce
Accuratezza: molto alta
Difficoltà d'uso: facile
Costo: 148 euro (demo gratuita di un mese)
Punteggio: ★★★★☆ 
Considerazioni conclusive
Come accade in ogni lavoro, lo strumento deve essere scelto in base all'obiettivo da conseguire. In questo caso, non è sempre scontato dover utilizzare la soluzione in grado di restituire il maggior numero di punti.
PhotoScan rappresenta la soluzione più efficiente, ma presuppone un investimento economico iniziale ed è indicato soprattutto per chi deve eseguire rilievi a scopo professionale e ha bisogno della massima accuratezza possibile. L'unica vera alternativa, in tal senso, è data da PPT usato su GNU/Linux, oppure, da VisualSFM per Windows e MacOS.
Se invece abbiamo bisogno di realizzare un rilievo 3D per ottenere un modello da stampare in piccole dimensioni, quindi con una perdita dei dettagli più minuti, oppure da mettere online, quindi con la necessità di un modello leggero che sia facilmente visualizzabile con connessioni internet normali, possiamo tranquillamente rivolgerci ad ARC3D o a 123D Catch, certi di ottenere in breve tempo e con impegno quasi nullo un buon risultato alla giusta risoluzione per la stampa o per il web. In questi due casi dobbiamo però ricordarci che cediamo ai gestori delle applicazioni la possibilità di utilizzare le nostre immagini e i nostri modelli; elemento da non trascurare se si lavora su immagini coperte da copyright altrui, come, ad esempio, nel caso di opere d'arte.
Vuoi saperne di più? Leggi la nostra guida dedicata agli scanner 3D per la stampa 3D.

Alessandro Tassinari
Nei primi anni di scoperta della stampa 3D, si percepiva subito che c’era qualcosa di magico nella tecnologia che la permetteva. Un numero infinito di forme possono essere create, strato dopo strato, liberando la mente di creativi e tecnici egualmente.
E in questo modo dette potere ai nuovi entrepreneurs, rompendo i limiti imposti dai tradizionali metodi produttivi e aprendo le porte verso nuovi mondi di opportunità di business.
Le reali opportunità di business della stampa 3D
Prima di partire bisogna capire che la strada per un’industria stabile priva di incertezza per la stampa 3D è ancora da percorrere: la tecnologia ora come ora è ancora pervasa da tali alti e bassi da riuscire a scoraggiare anche lo startupper più convinto, ma non bisogna lasciarsi sconfortare se dopo aver comprato una bellissima stampante ne esce una migliore, o se la propria idea di business viene sfruttata già da altri, la competizione è ciò che rende il mercato appetibile ai consumer.
In questa "Guida al business della stampa 3D" vi risparmieremo un’anno circa di esplorazione e testing, di altalenanti andirivieni di emozioni e false speranze, distillando tre tra le uniche vie riscontrate e sperimentate per sviluppare un'attività redditizia attorno alla stampa 3D.
Crea e vendi Designs
Questo è il modo più facile ed economico per cominciare. Essenzialmente equivale a creare un’app per smartphone per poi venderla per le royalties.
Comincia ad imparare la modellazione 3D attraverso strumenti gratuiti CAD come Sketchup o TinkerCAD. La maggior parte dei principianti rimangono stupiti da con quanta facilità riescono a ricreare design complessi dopo anche solo pochi tutorial. Dei design sofisticati e dalla qualità professionale possono essere creati in 3D, basta fare appoggio dove mancano le  conoscenze alle molte communities e ai tutorial disponibili online.
Inventa un design che sfrutta appieno il potere della stampa 3D, creando forme complesse facilmente, customizzando in modo economico o creando parti mobili che non richiedono lavoro postumo di assemblaggio. Hai bisogno di ispirazione? Spendi un po' di tempo a curiosare tra i più di 40.000 designs su www.thingiverse.com per meravigliarti della creatività e le possibilità condivise da altri.
Una volta che hai completato il tuo design, accertati che sia stampabile in 3D (che sia a “tenuta stagna” o “watertight”). In Sketchup esiste un plugin che effettua questo controllo e corregge eventualmente gli errori, ma esistono altri programmi che hanno uguali funzioni.
Ora che hai il tuo file pronto per la stampa, devi solo trovare un outlet per venderlo. Siti come CG Trader sono dei marketplaces puri che permettono agli utenti di cercare design stampabili in 3D e di stamparli in proprio. Altri siti come Shapeways o i.Materialise permettono servizi simili.
Compra una stampante 3D e offri un servizio di stampa 3D
Mentre apparentemente il concetto è semplice, questa opzione di business della stampa 3D non è altrettanto facile. Richiederà un investimento dalle centinaia alle migliaia di euro per acquistare una stampante. Il primo passo è di selezionare una stampante che abbia il giusto equilibrio di costo, qualità in output, versatilità e facilità d’uso.
Una volta ottenuta la stampante dovrai spendere un bel pò di tempo sperimentandoci e capendo appieno le sue funzioni. Dovrai capire come l’altezza dello strato, temperatura di estrusione e velocità avranno impatto sul processo di stampa.
Dovrai imparare come scegliere il feedstock appropriato e ottimizzarlo in base la tipo di materiale. Perfino il software che scegliete per convertire il file stampabile in codice macchina (G-code) può influenzare l’output. Molte stampanti sono fornite del proprio software per farlo, ma potreste ottenere diversi (forse anche migliori) risultati con il programma open source replicator G, per esempio.
Ottenuta una certa confidenza nelle tue conoscenze, puoi buttarti in campo offrendo il tuo servizio come parte dell’emergente network di servizi di stampa 3D. Questi sono delle soluzioni di supporto per la connessione tra il tuo servizio e le persone che, attraverso ordini, chiedono la stampa di alcuni loro designs. Attualmente il più grande network di questo genere è 3D Hubs.
Inventare un innovativo prodotto/servizio online che sfrutta la stampa 3D
Questa opportunità richiede il maggior quantitativo di soldi e creatività, ma ha anche il più alto ritorno potenziale. Qui si crea un business della stampa 3D online dove vendi un prodotto rivoluzionato o un’altro servizio relativo.
La chiave per inventare un servizio prezioso ritorna alle libertà inerenti alla stampa 3D. Per esempio l’abilità di modificare facilmente un design permette la customizzazione automatizzata di un prodotto. Gli utenti possono creare da soli personalizzazioni sul tuo sito e lasciare che le stampanti 3D facciano il lavoro. Per trovare ispirazione considerate esempi quali le figurine 3D di Shapify o il nuovo sito per la personalizzazione di scarpe chiamato Feetz.
Una volta formato un servizio, sviluppa un sito. Il design dei siti è diventato abbastanza simile l’uno all’altro e user-friendly. Dovresti cercare di concentrarti sulle caratteristiche che si appoggiano in modo unico alla stampa 3D. L’output del tuo sito saranno modelli pronti ad essere stampati.
Una volta che il sito è in via di creazione, è il momento di assicurarsi di avere i macchinari professionali dal costo di decine se non centinaia di migliaia di euro. Finché costruisci la tua startup puntando a quello, puoi partire creando una partnership con un esistente servizio di stampa 3D. Queste sono aziende che posseggono un grande numero di stampanti 3D di fascia professionale e stamperanno oggetti per te, ad un costo. Ne esistono molti la fuori, una delle più grandi è Solid Concepts.
E’ molto importante che si sviluppino processi operativi al fine di rendere il percorso dalla personalizzazione da parte dei clienti e la creazione di un’ordine, alla creazione di un modello stampabile, al mandare il file alla sezione stampa 3D, la finitura dell’oggetto e la sua finale spedizione il più snello ed efficiente possibile.
Conclusioni
La strada per creare un proprio business della stampa 3D è dura e non priva di alti e bassi, ma allo stesso tempo prolifera di possibilità e di occasioni che aspettano solo di essere colte al volo. Prima che i social media vennero inventati, i siti anche più basilari necessitavano di orde di sviluppatori.
Allo stesso modo la stampa 3D ha bisogno di raggiungere massa critica di capacità di stampa, modelli per cui impiegarla, e una moltitudine di persone che sviluppano modi nuovi e innovativi di usarla. Lavorare per portare a compimento questa visione può garantire molti soldi a chi si impegna e si mette in gioco, o anche solo un posto in prima fila per assistere alla rivoluzione che la stampa 3D porterà nelle vite di tutti noi, inevitabilmente.
Tutto ciò di cui il mondo ha bisogno è di persone tenaci e sveglie che riescono a rendere il massimo dalla propria creatività, dalla propria esuberanza di volersi buttare in questo mare di possibilità, cercando di prendere il pesce più grosso con il proprio business della stampa 3D.

Alessandro Tassinari

Client software per la stampa 3D

Pubblicato da Alessandro Tassinari, in Guide,

Il client software è quello che ci permette di comandare la nostra stampante 3D in modo diretto e veloce, anche durante la procedura di stampa.
Attraverso questo software è possibile lanciare un oggetto 3D in stampa, metterlo in pausa o bloccarlo, impostare parametri come le temperature del piatto e dell'estrusore. Solitamente, i client sono anche dotati di un'interfaccia che ci aiuta a livellare il piano di stampa e a correggere la posizione degli assi di stampa.
Client software nella stampa 3D: cosa sono e a cosa servono
In base alla stampante che avete a mano potete utilizzare client software open source o proprietari. Tra i software open source i più famosi sono Repetier-Host (al quale potete trovare una guida dedicata a questo link) e Printrun.
Da notare è che alcuni di questi client, ad esempio Repetier-Host, offrono anche la possibilità di eseguire lo slicing del modello 3D da stampare, permettendovi di evitare di utilizzare uno slicer apposito. I software client proprietari sono quelli dedicati esclusivamente a stampanti di marche specifiche, ad esempio MakerBot e Solidoodle, i quali integrano sempre più spesso maggiori quantità di comandi e favoriscono l'interazione con le macchine.
C'è però da segnalare una nota molto importante: i software client non sono necessari, o meglio, si può evitare di usarli. Questo perché la stragrande maggioranza delle stampanti 3D permette di ricevere i comandi del file G-code anche attraverso SD-card e USB-pen.
Non sarà necessario collegare la stampante 3D via cavo USB ad un computer perdendo però la possibilità di averne il pieno controllo durante la stampa. Le comodità di non collegare la stampante 3D al computer sono molteplici, ad esempio il poter posizionare la stampante dove si preferisce o spostare il computer durante la stampa.
Ora che abbiamo visto tutti i software che è necessario saper usare per stampare in 3D e soprattutto abbiamo chiarito cosa sono e a cosa servono i client software, possiamo iniziare a vedere cosa potremmo stampare in 3D prendendo qualche spunto dalla prossima guida!
Hai ancora dubbi su questo argomento? Chiedi aiuto sul nostro forum!

Alessandro Tassinari
Thomas Sanladerer è un YouTuber molto famoso per video di vario tipo sul mondo della stampa 3D. Nel suo video “3D printing guides – Plastic destruction” effettua uno Stress Test, ossia testa la resistenza di quattro provini di diversi materiali comunemente utilizzati per la stampa 3D.
Caratteristiche dei provini
Campione Formlabs SLA: Formlabs Form1+, Formlabs di resina bianca e strati di 100 µm. Campione ABS:  stampato con  una Mendel90 w/E3Dv6, 250°C, 60 mm/s, far-est nero, Slic3r e strati di 200 µm. Campione PLA Printrbot: Simple Metal w/UBIS hot-end, 208°C, 40 mm/s, color porpora, Printrbot Simple PLA Cura e strati di 200 µm. Campione Taulman Bridge: Nylon, Mendel90 w/E3Dv&, 250°C, 50 mm/s, Slic3r e strati di 200 µm.
Con un piacevole dialogo e un certo livello di divertimento, Sanladerer esamina, durante il suo “semi-esperimento scientifico” (lui stesso lo definisce così), la qualità dei campioni per ogni prova alla quale li sottopone. Il suo metodo è sostanzialmente quello di “torturare” i provini per testare come e quanto reggono.
Qualità dei materiali
Sanladerer si prende un momento preliminare per esaminare le qualità estetiche prodotte da ciascuno dei processi utilizzati nella stampa dei provini:
Cominciando con quello di Formlabs, puntualizza che il provino al contatto risulta molto forte. Nota che presenta un buon dettaglio e una buona riproduzione, che le sporgenze si delineano piuttosto bene e che nel complesso è dotato di una grande qualità. Il campione ABS, dice, assomiglia a un pezzo a buon mercato made in China, è piuttosto scadente. Il font non è molto leggibile sul campione e il logo non è facilmente comprensibile. Complessivamente sembra piuttosto dozzinale e anche le sporgenze sul fondo sono davvero di bassa qualità. Sanladerer ne dona una presentazione povera in generale. Sul campione di PLA stampato con una Printrbot Simple Metal e Slicing effettuato con Cura, i font sono poco leggibili, ma la qualità di stampa complessiva è buona. Il taglio si è rivelato piacevole e nel complesso il provino è “buono”. Il campione semi-lucido da Taulman Bridge è gradevole, con una facile stampa di Nylon co-polimero, che è un po’ filante a causa delle sue proprietà intrinseche (è più morbido). La qualità della produzione e il dettaglio sono taglienti e Sanladerer sottolinea quanto bene il Nylon gestisca le sporgenze senza presentare stringhe visibili e quanto sia il materiale più vicino alla perfezione possibile tra tutti i provini. La sua opinione su questo campione pare essere molto buona. Prova di rottura manuale
E ora la parte divertente! Sanladerer inizia il primo test di “tortura”, puntualizzando che si tratta di una prova soggettiva. Tenta di rompere il campione con le mani e afferma che non è un’esperienza così gradevole (ne mostra l’arrossamento). Il suo commento finale a questo test è che i provini erano abbastanza resistenti, ad eccezione dell’ABS e del Taulman Bridge. Vediamo la descrizione completa di ciascun campione:
Nel testare la resina prodotta con la Formlabs semplicemente, nonostante gli sforzi, non è in grado di romperlo con la punta delle sue dita. Con il campione ABS, Sanladerer è in grado di romperne facilmente alcuni pezzi dalla sporgenza con la punta delle sue dita, usando nessuna forza significativa. Questo risultato non è per nulla una sorpresa, poiché il campione ABS è prodotto economicamente. Il campione PLA con la “stessa procedura, stesse dita utilizzate”, ha prodotto gli stessi risultati del primo campione (non riesce a rompere nulla). Testando il campione Taulman Bridge, nota che pezzi della sporgenza vengono via facilmente, ma non si rompono subito, prima si piegano. Il materiale viene via molto facilmente e gli sembra quasi come strappare del tessuto, questo a causa delle proprietà intrinseche del Nylon. Prova di tensione
Nel successivo Stress Test, Sanladerer usa dei morsetti, una morsa e un sistema di carico (un secchio d’acqua) per cercare di strappare i campioni. Incastra i provini tra due morsetti e a essi (appoggiati alla morsa) lega due fili, che sono collegati al secchio d’acqua, che carica man mano. Vediamo le diverse reazioni dei provini:

Il campione di Formlabs non si è rotto fino a che il secchio d’acqua non è stato riempito completamente fino in cima, con Sanladerer che lo alzava e lo lasciava andare. Il secchio era arrivato a pesare 17.4 chili. Dal momento che c’è voluto un po’ di tempo perché si rompesse, alla fine sicuramente il campione non ha ceduto facilmente. Il campione ABS ha fallito miseramente e rapidamente. Come ci tiene a sottolineare Sanladerer questo campione è l’unico che non ha “superato il round”. Il campione PLA Printrbot è molto simile al provino di Formlabs, ma gli è occorsa una forza leggermente maggiore per spezzarsi. Il campione Talman Bridge è molto forte e gli c’è voluto un po’ di tempo per rompersi. Risulta infatti abbastanza impressionante il fatto che ha sostenuto quasi completamente il peso di Sanladerer, insieme al secchio pieno d’acqua. Non ha ceduto per niente facilmente e quando si è spezzato, lo ha fatto con la consistenza della stoffa. Prova di compressione
La prova successiva è quella di comprimere i provini con la morsa con la quale prima erano incastrati per la prova di tensione. Ecco i risultati:

Il campione Formlabs esplode rapidamente, creando una grande sorpresa in Sanladerer (con anche alcune imprecazioni nel sottofondo). Il campione ABS cede gradualmente alla compressione, senza esplodere come quello precedente. Il campione di PLA agisce come l’ABS, ma necessita un po’ di vigore in più alla fine. Il campione di Nylon - impressionante di nuovo – è difficile da distruggere, presenta infatti la performance migliore in questo campo. Conclusioni
La resina di Formlabs è molto dettagliata e piuttosto resistente, però a trazione mostra evidenti limiti strutturali, quindi se si stanno progettando parti che devono sostenere forze di tensione o carico, è opportuno usare qualche materiale diverso. ABS ha fallito in un paio di discipline, ma si può tranquillamente utilizzare per le parti base, dove non sia essenziale una grande resistenza (oggetti più a buon mercato). Il più sorprendente è stato il classico PLA stampato con una Printrbot, che è un materiale abbastanza forte e quello più rigido di tutti e quattro i provini. Presenta una rispettabile forza d’incollaggio tra gli strati. Il campione di Nylon Taulman ha avuto una solida performance. Non è rigido come gli altri, però presenta complessivamente strati d’incollaggio molto forti e il materiale stesso ha ceduto in maniera moderata, nel senso che la sua spaccatura è più simile allo strappo di una stoffa che alla rottura della plastica. Ecco il video completo:
 

Alessandro Tassinari
Una volta che scopri la stampa 3D, il funzionamento dei vari modelli in commercio, i materiali e tutto quello che ci ruota attorno, una domanda sorge spontanea: mi conviene comprare una stampante 3D oppure meglio affidarsi ad un service esterno?
La varietà tecnologica della stampa 3D e la velocità con cui sta diffondendosi sul mercato e nell’industria rendono la maggior parte delle persone allo stesso tempo eccitate e dubbiose nel buttarsi a capofitto in quella che viene definita (e sembrerebbe proprio diventare) la terza rivoluzione industriale.
La moltitudine di materiali utilizzabili, delle stampanti disponibili ma, più di tutto, il prezzo decrescente delle nuove uscite sono motivi più che validi per molti di entrare nel mondo della digital fabrication.
Si è in potere, in questo modo, di soddisfare i propri bisogni creativi autonomamente, senza affibbiarsi a uno dei tanti servizi la fuori che offrono la stampa di un qualunque file 3D (entro i limiti del materiale scelto) e la pronta consegna alla propria porta.
Tuttavia bisogna considerare qualche aspetto importante prima di prendere la decisione di diventare indipendenti o di avere ancora a che fare con servizi di stampa esterni, partendo da delle domande chiave.
E’ il momento migliore per comprare una stampante 3D?
Da due o tre anni a questa parte la scalata alla competitività nel mercato emergente della stampa 3D ha prodotto un gran numero di possibilità di scelta in termini di stampanti 3D, ed è un trend che non sembra possa cambiare molto presto.
Le notizie più allettanti che abbiamo sentito nell’ultimo anno sono di stampanti a basso costo, veramente alla portata di tutti.
Queste stampanti, oltre al prezzo ridotto rispetto alla media, presentano caratteristiche e capacità relativamente inferiori alle compagne di fascia alta, che possono essere dimensioni di stampa minori (si aggirano intorno ai 15x15x15cm o anche meno), altezza di layer maggiore (intorno ai 0,2mm quindi 200 microns) o ridotta scelta di materiali (quasi sempre PLA e in alcuni casi ABS).
Queste non sono tuttavia da considerare come le ultime e migliori offerte sul mercato, al contrario. Per la stessa natura dell’ondata tecnologica che ha portato la stampa 3D ai consumer, il tempo porterà sempre più scelta, con capacità di stampa sempre migliori e più allettanti.
Questo non vuol dire che comprare una stampante 3D oggi sia una cattiva idea (essere dei pionieri tecnologici non è mai stato più entusiasmante e allettante), ma che non ci si abbatta se le opzioni odierne non soddisfano i requisiti di tutti i creativi. Se una particolare caratteristica servirà ad un numero abbastanza elevato di persone, prima o poi si presenterà.
Quali servizi di stampa 3D esistono?
Il concetto dietro alla stampa 3D come servizio è molto semplice: previo invio del file che si desidera stampare, la scelta del materiale e del pagamento, la società scelta si attiva a procedere con la stampa dell’oggetto, a rifinirlo (nel caso in cui rimangano strutture di supporto o sabbie residue le si elimina) e a spedirlo all’indirizzo del cliente.
Il motivo per cui sono così popolari è che permettono di attingere ai benefici della stampa 3D senza possedere una stampante e di stampare in materiali normalmente ottenibili solo con costosissime stampanti di fascia professionale/industriale.
Servizi come Shapeways, avendo uffici sia negli USA che in Europa, riescono a raggiungere un gran numero di clienti e, inoltre, un’ampia gamma di materiali tra cui scegliere e un interfaccia online semplice ma comprensiva permettono a molte persone di fare a meno di comprarsi la stampante 3D.
Oltre a Shapeways alcuni notabili “marketplace” per servizi di stampa 3D sono Ponoko, i.Materialise e Vectorealism.
 
Quale scelta è meglio per te?
Alla fine dei conti la decisione che viene presa nel dubbio di abbracciare la nuova ondata maker personalmente o di relegare il “lavoro sporco” a qualche altro ente esterno dipende effettivamente da quanto si vuole mettere le mani in pasta attivamente nel momento di stampa o no, un irrinunciabile brivido di orgoglio ed emozione di molti maker.
Tuttavia bisogna considerare che l’ampia gamma di materiali e la facilità di accesso ai servizi di stampa 3D sono una comoda alternativa per coloro che desiderano anche solo provare ciò che la stampa 3D può creare. Inoltre, in base agli obbiettivi di ciascuno di noi, si potrebbe aver bisogno di stampare in materiali che, a comprare la stampante che lo permetta, svuoterebbe le tasche della gran parte dei consumer di fascia medio/bassa.
Riassumendo, chi è un maker “smanettone” che non necessita di una gamma ampissima di materiali con cui sperimentare (ma che comunque con la varietà di plastiche a disposizione non avrà problemi) allora avere una stampante può essere un tuffo nel futuro che porterà emozioni e ispirazioni inaspettate.
Chi ha requisiti di stampa di alto livello in termini di materiali e livello di dettaglio e non ha i fondi per investire in una macchina da 10’000€ per soddisfare i propri bisogni, o più semplicemente chi si sta ancora aprendo alle possibilità della stampa 3D e ha voglia di sperimentare senza buttarvisi a capofitto, allora si troverà benissimo con uno dei tanti servizi che garantiscono una produzione ottimale dei vostri modelli.

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