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Le potenzialità del grafene per dispositivi biomedicali stampabili in 3D


Open BioMedical Initiative
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Da quando nel 2004 presso l'università di Manchester il professor Andre Geim e il dottorando Konstantin Novoselov lo scoprirono, il grafene si è dimostrato un materiale dalle eccezionali proprietà che ne consentono l'applicazione in svariati campi. Adesso rappresenta la nuova frontiera della ricerca biomedica, il materiale perfetto per interagire con la materia organica.


È una forma di carbonio, come le mine delle matite o i diamanti, ma si tratta di un materiale “bidimensionale”, costituito da strati dello spessore di un singolo atomo, in cui atomi di carbonio si legano l’uno con l’altro a formare un reticolo esagonale. È il materiale più sottile mai isolato, 100 volte più resistente di un campione equivalente di acciaio ed è flessibile come la gomma. Lo si può allungare il 120 per cento della sua lunghezza e conduce l’elettricità 250 volte meglio del silicio. La sua struttura lo rende sostanzialmente trasparente ma è al tempo stesso impenetrabile, persino i più piccoli atomi come quelli del gas elio non ci riescono, ma, soprattutto, è compatibile con il tessuto cellulare umano. Daniel Stolyarov di Grafene 3D Lab ci offre una panoramica dei possibili usi:



Tutto questo si traduce in una sfida nel trovare le tecniche di fabbricazione che permettano la manipolazione diretta del materiale. Ad esempio, il grafene in fase liquida è utilizzato per stampare sottili film conduttivi; in forma di aerogel, stampato in bagno di solvente, è molto promettente per batterie, condensatori e celle a combustibile di idrogeno.



Nella Northwestern University un gruppo di ricercatori guidati da Ramille N. Shah ha sviluppato una soluzione a base di grafene da utilizzare come inchiostro per biostampanti 3D. Filamenti del diametro di 100-1000 micron permetteranno di ottenere materiali con forma arbitraria, elettricamente conduttivi, meccanicamente resilienti e flessibili.


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Già precedentemente il grafene è stato utilizzato per esperimenti simili, utilizzandone fino a circa il 20% in volume del composto: l’inchiostro risultante non ha però conservato le caratteristiche elettriche. Utilizzando una percentuale in volume del 60%, il team di Shah ha ottenuto un materiale molto flessibile e facilmente stampabile, nonostante il grafene sia di per sé rigido e fragile.


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Il team ha utilizzato questo composto per stampare strutture da utilizzare in esperimenti con cellule in vitro: i risultati sono stati assolutamente interessanti.


Senza l’aggiunta di fattori di crescita, le strutture stampate con grafene supportano la crescita, la proliferazione e l’attività delle cellule, soprattutto se con morfologia estremamente allungata, tipiche di assoni e cellule nervose, per un tempo di almeno trenta giorni.


Esperimenti chirurgici su parti di cadavere hanno dimostrato una ottima biocompatibilità e caratteristiche di maneggevolezza eccezionali, utilissime in microchirurgia. Queste proprietà, combinate con la facilità di fabbricazione mediante stampa 3D, aprono la strada alla produzione di una vasta gamma di dispositivi biomedicali.


“Scaffold flessibili personalizzati possono essere costruiti su misura e utilizzati per la sutura diretta dei tessuti, sostenendo contemporaneamente la crescita delle cellule e la rigenerazione del tessuto stesso senza una risposta immunitaria grave” afferma Shah.


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La conduttività insita del materiale facilita il passaggio dei segnali elettrici e la differenziazione cellulare: gli effetti a lungo termine devono ancora essere studiati, ma si apre comunque una nuova porta per la soluzione dei problemi di rigenerazione dei tessuti elettrogenici come i nervi e la muscolatura cardiaca.


Da non sottovalutare le possibili applicazioni in biosensori impiantabili e tutti i dispositivi elettrici: i bassi costi di fabbricazione ne permetteranno una rapida diffusione.


Gli strumenti così prodotti potrebbero aprire un nuovo capitolo di ricerche per affrontare anche la questione della rigenerazione dei nervi, un problema che interessa molte persone affette da malattie invalidanti gravi, come la sclerosi multipla. O magari, con dispositivi al grafene si riuscirà a bypassare la rottura del midollo spinale e permettere di nuovo ai segnali elettrici di raggiungere i nervi periferici. Pensate cosa può significare per le persone che si trovano costrette a non muoversi più a causa di un incidente o di una malattia. Forse mi faccio prendere dall’entusiasmo, ma ogni giorno in tutto il mondo ci sono scienziati che pubblicano i loro studi e ognuno racconta di risultati che incoraggiano ad andare avanti. In fondo chi sta male non smette mai di chiedere di guarire e l’unica speranza che queste persone hanno è che la ricerca non si fermi mai.


Lusiana Pasquini 

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