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Deformazione Stampa


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Buongiorno a tutti,


come risolvete il problema di avere una deformazione della stampa su un oggetto che può essere semplicativamente indicato come un parallelepipedo di 10x1.8 ed altezza 12cm, stampato con finitura light e con una qualità di 0.39.


 


 


A mio parere è sicuramente un problema di raffreddamento, impiegandoci quasi 12ore di stampa, il pezzo si raffredda in modo non omogeneo ed il materiale viene "tirato" producendo un'incurvatura della superficie ed in alcuni casi addirittura la rottura. In altri casi si stacca anche parzialmente dal piano di stampa.


 


Come posso rimediare?


Successo in alcuni casi anche a voi?


E' un fattore importante il tempo che passa prima di staccare il pezzo dalla stampante? (in alcuni casi lascio il pezzo stampato sulla stampante per ore ed ore prima di rimuoverlo)


 


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Copio integralmente un articolo che ho recentemente pubblicato sul mio blog. E' tuttavia molto strano che il suo rivenditore Zortax non l'abbia adeguatamente supportata nel risolvere questo problema. Spero che questo articolo sia utile anche ad altri utenti, molto spesso alle prese con problemi di deformazione.

 

Suggerimenti per contenere le deformazioni nelle stampe di grandi dimensioni
 

Occasionalmente alcuni utenti (in particolare architetti, che stampano spesso plastici di dimensioni considerevoli) segnalano problemi di deformazione, distacco e delaminazione dei modelli. In genere rispondo caso per caso, ma può risultare comodo una specie di vademecum per ridurre il più possibile l’insorgenza di questo genere di problemi.

plastico-zortrax-m200.png

Stampa di una cattedrale di Reims con Zortax M200. 62 parti, circa 180 ore di stampa.

 

Le cause

Nelle stampanti FDM la tecnologia stessa impiegata presuppone notevoli variazioni di temperatura del materiale utilizzato. I filamenti termoplastici vengono portati alla cosiddetta “transizione vetrosa”, e in molti casi repentinamente raffreddati subito dopo la loro deposizione da una ventola.

Il povero filamento è sottoposto ad un doppio shock, e mentre pare che agli umani faccia bene un breve bagno nell’acqua ghiacciata (almeno così dicono i Finlandesi), ai nostri filamenti venire fusi e immediatamente raffreddati non fa bene affatto.

Purtroppo questo “trattamento” è inevitabile. Per estrudere il filamento, questi deve essere a temperatura di fusione. Per deporre lo strato successivo, quello precedente si deve essere solidificato. Non si scappa.

Ma cosa provoca esattamente lo shock termico nel nostro modello? Un sacco di guai. Il materiale durante l’estrusione aumenta di volume, e durante il raffreddamento si ritira. Le conseguenze di queste repentine variazioni di volume, in particolare nelle stampe di grande formato sono svariate: deformazione (anche pronunciata), distacco del modello dal piano di lavoro, variazioni dimensionali, fessurazioni (delaminazione), etc. Talvolta questi fenomeni hanno proporzioni così significative da rendere il modello stampato inutilizzabile. Vediamo cosa si può fare per contenerle.
 

Piccolo è meglio

Il primo, quasi ovvio e apparentemente banale consiglio è quello di stampare modelli piccoli. Il fenomeno della ritrazione, responsabile dei problemi di cui sopra, è proporzionale alle dimensioni del modello (e condizionato dalla sua forma). Riducendo le dimensioni della parte da stampare, il ritiro si riduce e così le sue conseguenze. Ma se il pezzo da stampare è grande? Semplice, o quasi. Si stampa il pezzo in più parti e successivamente si incollano. In particolare l’ABS (che come vedremo tra poco è il materiale più soggetto a ritiri tra quelli comunemente utilizzati nella stampa FDM) si può incollare con grande facilità. E’ sufficiente preparare una “mistura” di acetone e frammenti di ABS (possibilmente, dello stesso colore con il quale è stampato il modello) in rapporto di 4:1. La mistura va preparata versando l’acetone in un vasetto di vetro ed aggiungendo frammenti di filamento o raft di precedenti stampe. Dopo qualche ora, si ottiene un liquido cremoso che può essere utilizzato come collante strutturale. Basta passarlo con un pennello su una delle due parti da accoppiare (senza esagerare per evitare sbordature), collocare le parti in posizione e mantenere per un breve tempo una leggera pressione. Il gioco è fatto. Naturalmente, per facilitare l’accoppiamento possono venire previsti incastri, spine etc. Ove è possibile applicare la tecnica dell’incollaggio (nei modelli che lo consentono), questa rappresenta la scelta migliore rispetto all’alternativa di dover effettuare grandi stampe in un pezzo solo.

 

L’importanza dei filamenti rispetto ai problemi di deformazione e distacco: scegliere il materiale giusto

Come avevo già in qualche modo anticipato nel precedente paragrafo, non tutti i materiali si comportano nello stesso modo rispetto al fenomeno del ritiro. Tra quelli più popolari (ABS e PLA), sicuramente l’ABS (AcriloNitrile Butadiene Stirene) è di gran lunga più soggetto a queste problematiche. Dal momento che presenta però altri vantaggi (maggiore resistenza termica,maggiore durata nel tempo, migliore lavorabilità, migliore incollaggio etc.), l’ABS è sicuramente il materiale principe per la stampa di modelli e prototipi di qualità, a dispetto della sua tendenza ad esibire un maggiore ritiro.
Comunque, anche gli ABS (che considereremo in questo articolo come il materiale di riferimento e quello con il quale confrontarci), sono disponibili con diverse formulazioni e differenti caratteristiche. La percentuale dei componenti utilizzati può significativamente variare, e alcuni costruttori (es. Zortrax) rendono disponibili ABS High Grade specificatamente formulati per ridurre al minimo le problematiche nelle stampe di grandi dimensioni. Ove possibile (se il filamento è compatibile con la stampante target), si consiglia vivamente di utilizzare questi materiali, anziché ABS generici. Ad esempio, lo Z-ULTRAT è un ABS M30 che garantisce una resistenza del 70% superiore e coefficienti di ritiro nettamente inferiori rispetto agli ABS comuni, ma richiede temperature di stampa di 270-280°.

Z-Ultrat.jpg

Quanto conta una perfetta calibrazione del piano di lavoro

 

In generale, per ottenere una buona stampa un piano di lavoro ben calibrato è comunque un must. Per ottenere una buona stampa “grande”, una perfetta calibrazione è ancora più importante. Per un semplice motivo: la stesura del primo strato deve perfettamente aderire per scongiurare il successivo distacco. Se il piano non è perfettamente livellato, nei punti nei quali risulta più basso il filamento estruso arriverà più freddo, creando una sorta di Cavallo di Troia, un punto di debolezza nel quale si può insinuare un sollevamento dei bordi del raft, con conseguente “reazione a catena” che prosegue con l’imbarcamento della base e il successivo catastrofico distacco della parte a metà stampa. Naturalmente, oltre a una perfetta calibrazione iniziale, il piano di lavoro deve “tenere la calibrazione” anche durante tutta la stampa (ovviamente lunga, nel caso di grandi stampe), e questo presuppone macchine con un valido telaio e una struttura robusta. Fortunatamente nelle Zortrax la calibrazione può durare mesi, ed è molto facile controllarla con la routine di autocalibrazione elettronica.
 

Piano riscaldato

Dedico poco tempo a questa sezione. Il piano deve essere ovviamene riscaldato, ma non solo. Deve essere omogeneamente riscaldato. Molti piani di lavoro sono costruiti con materiali leggeri, e con elementi riscaldanti economici. In questo caso, è frequente rilevare differenze di temperatura di svariati gradi (anche una decina) tra il centro del piano e i bordi periferici. Non a caso, è proprio nei bordi periferici che il modelli si deformano e si sollevano dalla base. Un buon piano di lavoro deve essere massiccio, di metallo, e dello spessore di almeno 3-4 mm. L’elettronica è importante nel controllo della temperatura: le schede ad 8 bit (es.Arduino/Ramps) fanno fatica a gestire i calcoli delle traiettorie di stampa e a controllare contemporaneamente la regolazione della corrente per gestire l’uniformità della temperatura del piano di lavoro. Molto meglio processori a 32 bit.
 

Uso di paratie, macchine chiuse

All'inizio di questa chiacchierata, abbiamo parlato di “shock termico” al quale sono sottoposti i materiali termoplastici, sottolineando successivamente che l’ABS “non gradisce”. In verità, oltre che non gradire particolarmente l’uso della ventola, reagisce ancora peggio anche alle minime correnti d’aria: una porta, o peggio una finestra aperta durante la stampa lasciano sicuramente il segno. Prima, durante e dopo la stampa (approfondiremo in seguito), l’ABS deve stare “al calduccio”. Come garantirgli un ambiente confortevole? Scegliendo una macchina chiusa, o macchine che prevedono la possibilità di utilizzare paratie di copertura opzionali (e ovviamente, applicandole). Sottolineo “macchine che prevedono”, poiché utilizzare delle paratie, magari autocostruite, su una macchina che non ne prevede l’impiego può essere pericoloso. In molte macchine l’elettronica non è termicamente isolata rispetto alla camera di stampa, e se in questa si aumenta la temperatura chiudendola con delle paratie, si rischia di bruciare per sovratemperatura la scheda madre.

pannelli-zortrax-m200.jpg

 

Infill, come regolarsi

Nelle stampe di grandi dimensioni generalmente i modelli prevedono pareti di un certo spessore e un riempimento delle cavità interne che possiamo programmare con una densità variabile. Le forze che agiscono durante il ritiro si propagano lungo la struttura costruita, proporzionalmente alla densità dell’infill e allo spessore delle pareti. In altre parole, meno denso è il riempimento, più il modello è strutturalmente leggero e meglio è. Utilizzare, per migliori risultati, un infill Light. Più light possibile.

 

Caldo, caldo e ancora caldo

Molti utenti hanno fretta, sono impazienti di vedere il modello finito. Accendono la macchina, stampano e distaccano il pezzo non appena ha finito. Le tensioni che nel frattempo si erano generate all’interno della parte si possono scatenare, e “misteriosamente” appaiono delle crepe che prima non c’erano…

Armiamoci di santa pazienza, quando abbiamo a che fare con stampe grandi. Accendiamo la macchina in preriscaldamento (se non è automatico all'accensione come in alcuni casi) almeno 20-30 minuti prima di iniziare a stampare. Facciamo in modo, evitando correnti d’aria ed utilizzando possibilmente macchine chiuse o protette con paratie, che l’ambiente di stampa resti a temperatura costante durante tutto il processo. Al termine, lasciamo la macchina accesa ancora per 20-30 minuti. Poi lasciamola raffreddare più lentamente possibile, prima di tentare di staccare la stampa.
Con buone, ottime probabilità le famigerate “misteriose” crepe non si formeranno.
 

crepe.jpg

 

Skirt, Brim o Raft?

Generalmente, i software di slicing open source offrono queste tre alternative.
Dal momento che lo scopo è fare in modo che il modello in corso di stampa rimanga per tutto il tempo ben aderente al piano di lavoro, la scelta è abbastanza semplice: se la base d’appoggio è sufficientemente ampia, si potrebbe usare uno qualsiasi di questi tre metodi. Tuttavia, qualora dovesse verificarsi il sollevamento dei bordi, sarebbe naturalmente meglio che questi fossero non i bordi dell’oggetto da stampare, ma i bordi di una superficie di costruzione (es. Raft), più ampi della base dell’oggetto stesso. Quindi generalmente il Raft è la scelta migliore.

raft.jpg

 

Uso di collanti per aumentare l’adesione al piano

Premesso che i materiali presi in considerazione in questo articolo sono da un lato quelli che offrono migliori risultati qualitativi e dall’altro quelli che sono maggiormente soggetti a fenomeni di ritiro (es. rispetto al PLA), e che comunque cercheremo di selezionare tra questi quelli che presentano meno problemi, possiamo aumentare l’adesione al piano ove necessario con adeguati collanti:

  • ABS: è possibile migliorare l’adesione al piano con il cosiddetto “ABS Juice”, una miscela di acetone e ABS (5:1 circa) da spalmare sul piano di lavoro con un pennello.
  • HIPS: si può usare uno stick di colla per modellismo (es. UHU, Tamyia etc.), spalmato sul piano di lavoro.
  • PET (Glass): si può usare un collante a base di PVA, ma generalmente l’adesione del PET al piano di lavoro è già ottima di per se.

Oltre all'impiego di collanti, sono disponibili anche pellicole “tecniche” autoadesive da applicare sul piano di lavoro per migliorare l’adesione. Alcune, ad esempio BuildTak (disponibile presso ShareMind) funzionano piuttosto bene, e durano molto a lungo.
 

Buildtak1.jpg

 

Ventola? No grazie

Nelle grandi stampe, la ventola dovrebbe essere completamente disattivata, poiché l’estrusore compie lunghi tragitti prima di “ripassare”, con il layer successivo, su una zona stampata durante il layer precedente, ed il materiale ha quindi tempo per raffreddarsi naturalmente. Nel caso il modello presentasse nella parte più alta un piccolo numero di protuberanze, guglie, elementi con una modesta sezione, potrebbe accadere che, con l’hot end che insiste sulle stesse zone layer dopo layer, si verifichino delle deformazioni. Anche in questo caso tuttavia, anziché ricorrere all’uso della ventola, è conveniente aggiungere degli oggetti “dummy” (es. cilindri o parallelepipedi) alti almeno quanto il modello. Lo scopo sarà quello di “distrarre” l’hot end, facendo in modo che non debba trovarsi a lungo sulle stesse piccole zone.

 

Estremi rimedi

C’è sempre un estremo rimedio. Se – nonostante tutti gli accorgimenti adottati i bordi della stampa dovessero sollevarsi, è possibile in fase di slicing aggiungere in corrispondenza degli spigoli delle superfici a forma di “L” raccordata, o se volete di "tre quarti di torta" collocate in prossimità della base del modello. Il raft risulterà più ampio, e la forma arrotondata ridurrà la possibilità che gli spigoli si distacchino imbarcandosi.

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